La Politica Estera Italiana negli Anni del Dopoguerra: Amintore Fanfani
- 14 dic 2020
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“All about the fearful night, we thought the world would end.
[…]
The Russian ships were sailin' all out across the sea
We all feared by daybreak it would be World War Number Three.”
- Bob Dylan, Cuban Missile Crisis (1963)

1. Introduzione
Secondo l’opinione di numerosi esperti, negli anni 50’ e 60’ il politico Amintore Fanfani riuscì a portare avanti una linea di politica estera strutturata e coerente. Si tratta degli anni della crisi di Suez e della crisi dei missili di Cuba, due importanti crisi geopolitiche che rivoluzionarono le relazioni diplomatiche tra le potenze globali determinando nuovi equilibri internazionali. Il ruolo dell’Italia nella risoluzione delle due crisi fu particolarmente incisivo e portò alla nascita della corrente del neo-atlantismo. In un’epoca di immobilismo per la politica estera italiana, si ritiene utile analizzare in modo più dettagliato questo periodo storico per comprendere in che modo, anche grazie al ruolo di Amintore Fanfani, l’Italia sia riuscita ad assumere il ruolo di potenza globale capace di influenzare le scelte internazionali.
2. Accenni biografici
Nato vicino Arezzo da famiglia cristiana,[1] nel 1930 Amintore Fanfani consegue una laurea in scienze politiche, economiche e sociali presso l’Università cattolica di padre Agostino Gemelli. Studente brillante e arguto, Fanfani venne nominato direttore della Rivista internazionale di scienze sociali, affermandosi come studioso delle scienze storico-economiche. Appassionato di scrittura politica, Fanfani pubblicò numerosi scritti sulla politica del lavoro, la storia della dottrina economica medioevale, il corporativismo[2] e il volontarismo economico.[3] La pubblicazione che riscosse maggiore successo fu: Cattolicesimo e protestantesimo nella formazione storica del capitalismo,[4] un volume critico nei confronti del pragmatismo della tesi weberiana sulla genesi del capitalismo.[5]
Fin dai primi anni universitari, il giovane Fanfani sviluppò una simpatia per il fascismo, lavorando per la rivista Dottrina fascista e sostenendo concretamente la politica razziale del 1938-1939. Tuttavia, non avendo risposto alla chiamata alle armi dopo lo scoppio del Secondo conflitto, si esiliò in Svizzera per intraprendere un percorso di rivoluzione ideologica che lo allontanò dal fascismo in favore di un avvicinamento al pensiero democristiano.
3. Gli esordi politici
La svolta nella vita politica di Fanfani avvenne quando l’amico e vicesegretario della Democrazia Cristiana (DC) Dossetti gli affidò l’ufficio propaganda del partito. Il giovane Fanfani venne quindi inserito nel contesto politico e coinvolto in numerose iniziative e riforme di governo. Tra gli incarichi di maggior rilievo nella vita di Fanfani, nel 1946 fu eletto all’Assemblea costituente e contribuì alla redazione della Costituzione. In particolare, Fanfani è stato l’ideatore dell’Articolo 1 della Costituzione.[6]
Essendosi distinto per il suo talento diplomatico, il presidente della DC de Gasperi lo scelse come Ministro del lavoro e della previdenza sociale per il suo quinto governo.[7] Nel tentativo di rimettere in moto il paese devastato dalla guerra e favorire il rilancio dell’edilizia popolare, Amintore Fanfani fu artefice del piano INA-Casa.[8]
Il suo ruolo di leader di una delle principali correnti demo-cristiane,“Iniziativa Democratica”, gli consentì di essere nominato segretario della DC nel 1954. Grazie al successo politico e al consenso elettorale della DC in quegli anni e dopo un primo fallimentaretentativo di governo[9], nel 1958 fondò il suo secondo governo con l’appoggio di socialdemocratici e repubblicani. Nonostante l’ascesa come politico di centro-sinistra promettesse bene, Fanfani fronteggiò una forte opposizione interna al partito che non vedeva di buon occhio l’apertura a sinistra. Stanco del clima di tensione all’interno della DC, decise di dimettersi da ogni carica politica.
4. Il centro-sinistra di Fanfani
Nel 1960 Fanfani formò il suo terzo governo democristiano forte dell’appoggio dei democratici di centro e del Capo di Stato Giovanni Gronchi. Due anni dopo, nel 1962, formò invece il suo quarto governo apertamente di centro-sinistra[10] con l’appoggio esterno del Partito Socialista Italiano (PSI). Questa nuova coalizione guidata dalle maggioranze di centro-sinistra di cui Fanfani fu uno degli indiscussi protagonisti, diede vita a una svolta politica che ruppe la tradizione decennale legata al centrismo.
Negli anni di presidenza al Consiglio dei ministri,[11] Fanfani promosse numerose riforme sociali tra cui l’estensione dell’obbligo scolastico fino alle scuole medie, l’aumento delle pensioni del 30%, la creazione della Commissione parlamentare antimafia,[12] la riduzione della leva militare e il riconoscimento della RAI come servizio pubblico. Inoltre, attuò diverse riforme infrastrutturali nell’intento di industrializzare la nazione, come il progetto dell’Autostrada del sole Milano-Napoli e l’esproprio di terre ai Comuni. Infine, tra i maggiori successi del politico vi è l’approvazione della legge sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica che portò all’istituzione dell’Ente per l’energia elettrica.[13]
5. La crisi di Suez
La crisi di Suez, comunemente chiamata “l’aggressione tripartita”[14], ebbe inizio il 29 ottobre 1956 quando Israele, Francia e Inghilterra invasero la penisola del Sinai con l’obiettivo di invadere il canale da Suez da poco nazionalizzato dal presidente egiziano Nasser. Il canale di Suez rappresenta infatti un fondamentale nodo strategico in quanto consente un collegamento marittimo tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano. Proprio per la sua rilevanza geopolitica, il canale ha da sempre attirato l’interesse delle potenze coloniali europee interessate a gestirne i traffici commerciali.
A causa della crisi finanziaria che colpì l’Egitto nel 1875, il governo egiziano fu costretto a svendere il 44% delle azioni della Universal Company of the Suez Maritime Canal al presidente britannico Disraeli e ad alcuni investitori privati francesi. Successivamente, la Convenzione di Costantinopoli [15]rese il canale una zona neutrale sotto il controllo britannico. Nel corso degli anni, il controllo del canale di Suez ha appresentato per le potenze coloniali Francia e Inghilterra un’importante intersezione strategica da gestire a proprio vantaggio.[16]
5.1 La nazionalizzazione del canale
Il controllo del canale da parte delle potenze occidentali venne minacciato quando l’esercito egiziano capeggiato da Gamal Abdel Nasser rovesciò la monarchia regnante e fondò un nuovo governo di stampo nazionalista.[17] Nel 1956, il nuovo regime nazionalizzò il canale per estromettere gli azionisti francesi e britannici. Questo evento storico servì come pretesto per un conflitto armato contro l’Egitto, la cosiddetta ‘crisi di Suez’.
La nazionalizzazione del canale venne accolta con grande disappunto da parte di Francia e Inghilterra. Dopo una serie di pressioni interne da parte dei partiti di destra, il ministro francese Guy Mollet decise di intraprendere un’azione militare contro l’Egitto servendosi dell’alleanza strategica con Israele.[18] Anche sul fronte britannico, la notizia della nazionalizzazione suscitò delle proteste da parte dei partiti conservatori al punto che quando l’ammiraglio francese Nomy propose all’Inghilterra di partecipare al conflitto, il ministro Anthony Eden accettò.
I rappresentanti dei tre paesi si riunirono in un incontro segreto a Sèvres[19] e concordarono il piano di attacco. Dopo qualche giorno circa 175.000 soldati israeliani invasero la striscia di Gaza e avanzarono nelle Penisola del Sinai. Secondo il piano operativo, Francia e Inghilterra sarebbero intervenute in un secondo momento per occupare il canale. Sorprendentemente, una svolta per le sorti del conflitto avvenne quando sia gli Stati Uniti (USA) che l’Unione Sovietica (URSS) si schierarono entrambi al fianco dell’Egitto. A questo punto Francia, Inghilterra e Israele si trovarono in una posizione di tale svantaggio militare che all’ottavo giorno di conflitto furono costretti alla ritirata.
5.2 Il ruolo italiano
Nel frattempo, in Italia Fanfani ricopriva il ruolo di segretario della DC e mirava alla realizzazione di un piano di politica estera “neo-atlantica” per aumentare l’importanza e l’autonomia dell’Italia nelle relazioni internazionali. Per questo motivo Fanfani espresse al Presidente degli USA Dwight Eisenhower il suo dissenso nei confronti del conflitto armato, argomentando che secondo il suo giudizio la nazionalizzazione del canale di Suez non giustificava affatto l’avvio di azioni militari dalle conseguenze imprevedibili che sarebbero potute sfociare in un conflitto internazionale. Fanfani riuscì quindi a sfruttare la posizione geopolitica dell’Italia per presentarsi sullo scenario internazionale come mediatore e conciliatore tra gli stati Occidentali e il Medio Oriente. Fu così che il 31 ottobre 1956 si organizzò un incontro tra il collega di Fanfani Manzini e un ambasciatore americano durante il quale l’Italia confermò il proprio appoggio diplomatico agli USA schierandosi a favore di una risoluzione pacifica del conflitto.
Sebbene il neo-atlantismo di Fanfani dovette scontrarsi con l’opinione dei seguaci dell’atlantismo tradizionale che lo accusarono di avere assunto una posizione neutralista e filoaraba, l’esito del conflitto del Sinai aveva tuttavia giovato all’Italia che, grazie all’indebolimento di Francia e Inghilterra, riuscì a presentarsi agli occhi del mondo orientale come il meno coloniale tra gli stati europei.[20]
6. Crisi dei missili di Cuba
La crisi dei missili di Cuba[21] rappresenta uno dei momenti cardine della guerra fredda che minacciò gravemente l’equilibrio atomico tra USA e URSS. Le due potenze nucleari si scontrarono a causa del dispiegamento di missili balistici sovietici nel territorio cubano in risposta al posizionamento di missili americani in Italia e Turchia. Sebbene la volontà statunitense iniziale fosse quella di attaccare e distruggere Cuba,[22] si riuscì a raggiungere un accordo tra le parti ed evitare l’insorgere di una guerra atomica.
Prima di analizzare il ruolo dell’Italia, è necessario descrivere gli antefatti che portarono al coinvolgimento di Cuba. In seguito alla crisi cubana del 1959 durante la quale Fidel Castro riuscì a salire al potere, il dittatore cubano propose una collaborazione al leader sovietico Nikita Cruščёv.[23] Entusiasta di collaborare, l’URSS accordò con Castro di costruire impianti missilistici a Cuba per rispondere al posizionamento da parte degli USA di missili Jupiter in Turchia e in Italia.[24] Il leader Cruščёv decise quindi di ignorare il divieto imposto dagli USA di dispiegare armi sul suolo cubano e, nel maggio 1962, inviò più di sessanta navi cariche di materiale militare a Cuba.
6.1 Pretesti per il conflitto
Il pretesto per il conflitto arrivò quando la CIA si accorse dell’insolito movimento di aerei sovietici a Cuba e concordò con il presidente Kennedy di autorizzare il decollo di una decina di aerei Lockheed U-2.[25] Gli U-2 scattarono foto di numerosi impianti di missili Sandal nella zona di San Cristóbal. Nonostante Cruščёv avesse più volte negato la presenza di missili sul territorio cubano, le immagini dell’U-2 diedero a Kennedy la conferma che stava cercando.
Il presidente Kennedy impose quindi una ‘quarantena’ per Cuba. La situazione si incrinò quando ci si rese conto che la quarantena consisteva de facto in un blocco navale che impediva agli aerei sovietici di oltrepassare il confine previa ispezione. Cruščёv rispose prontamente all’offensiva inviando dei sottomarini nell’area per contrastare un eventuale attacco degli USA. Parallelamente, le diplomazie di tutto il mondo, convinte che la mossa militare di Kennedy sarebbe potuta degenerare in una guerra nucleare, si attivarono convocando d’urgenza le Nazioni Unite. Il conflitto si concluse dopo un periodo di stretti negoziati tra John F. Kennedy e il presidente Nikita Cruščёv con un accordo di non belligeranza secondo cui sia i sovietici che gli americani avrebbero smantellato i propri impianti missilistici.[26] L’esito del conflitto sancì l’inizio di un dialogo diplomatico costruttivo e, fortunatamente, ridusse le tensioni tra USA e URSS.
6.2 Il ruolo italiano
Nella risoluzione pacifica del conflitto fu essenziale il ruolo del presidente Fanfani. La presenza dei missili Jupiter rendeva infatti l’Italia un possibile bersaglio della rappresaglia sovietica e, per questo motivo, Fanfani si trovò da subito coinvolto nelle trattative della crisi cubana. Kennedy inviò infatti un comunicato in Italia in cui si auspicava una collaborazione italiana e invitava l’Europa a una presa di posizione sul caso. Fanfani rispose esprimendo solidarietà per la delicata posizione degli USA ed esortando alla risoluzione pacifica del conflitto.[27] Inoltre, il politico italiano si espresse in varie occasioni in merito alla questione dei missili cubani e sostenne la scelta americana di appellarsi alle competenze dell’ONU per raggiungere ‘auspicabili e leali accordi’ tra le parti.
Inoltre, la mattina in cui le forze sovietiche proposero un accordo, era presente anche Ettore Bernabei, uomo fidato di Fanfani, il quale si trovava a Washington per consegnare una comunicazione del governo italiano in cui si accettava di ritirare i missili Jupiter. Non si escluse quindi che la risoluzione pacifica della crisi dei missili di Cuba sia stata possibile anche grazie alla mediazione diplomatica del governo italiano.
7. Conclusione
In base a quanto emerso dalla seguente analisi, l’Italia nel dopoguerra è riuscita a ricoprire un ruolo predominante nelle relazioni diplomatiche internazionali dimostrando di saper mantenere una linea di politica estera strutturata e apertamente pacifista, pur ponendosi come fedele sostenitrice dei valori atlantici. Fanfani ha cavalcato l’onda delle due crisi riuscendo al contempo a favorire le manovre politiche nazionali interne. Il ruolo di conciliatore che assunse nel corso dei negoziati di entrambe le crisi si allineava infatti al pacifismo promosso dal PSI di Nenni che all’epoca si schierò a favore dell’intervento dell’ONU nella crisi dei missili cubani. Sebbene i seguaci dell’atlantismo tradizionale tentarono negli anni di frenare la sua ascesa, Fanfani svolse un ruolo indiscutibilmente essenziale per l’Italia del dopoguerra che riuscì a perseguire una strategia di politica estera autonoma e ambiziosa, frutto di un progetto politico coerente.
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Note
[1] 6 febbraio 1908. [2] Il significato del corporativismo, 1937. [3] Il volontarismo, Como 1938. [4] Pubblicato nel 1934. [5] La prolifica attività di ricerca e l’ingegno accademico lo portarono negli anni a ricoprire le cattedre delle maggiori università italiane tra cui l’Università di Genova, l’Università Cattolica e l’Università di Roma. [6] ART.1: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. [7] Nel 1949 [8] Il piano INA-Casa, anche soprannominato ‘Piano Fanfani’ (1949), portò in poco tempo alla realizzazione di più di 300.000 abitazioni popolari nelle principali città italiane. Fanfani appoggiò la causa con impegno, coinvolgendo famosi urbanisti e creando nuovi spazi di edilizia residenziale pubblica. [9] Il governo Fanfani I si formò e sciolse dopo pochi mesi (1954). [10] Coalizione di Democrazia Cristiana, Partito Socialista Democratico Italiano e Partito Repubblicano Italiano. [11] 1958/1963 [12] Ettore Bernabei fu nominato direttore generale. [13] 18 giugno 1962 [14] In arabo: العدوان الثلاثي [15] La Convenzione di Costantinopoli (1904) consentì il libero traffico marittimo nelle acque del canale di Suez alle navi internazionali. [16] Per esempio, negli anni della Prima guerra mondiale il canale venne chiuso al transito di navi non alleate e militarizzato per contrastare l’assalto delle forze ottomane guidate dalla Germania (1915). [17] Nel 1954 [18] I rapporti tra Egitto e Israele si sono incrinati in seguito al raid di Gaza (28 febbraio 1955), dove le forze israeliane uccisero quaranta soldati egiziani. In risposta all’oltraggio subito, l’Egitto decise di sponsorizzare inclusioni violente di fedayn. [19] Vicino Parigi [20] È interessante sottolineare che in seguito alla crisi di Suez, Fanfani e La Pira promossero l’iniziativa dell’ENI guidata da Enrico Mattei con l’obiettivo di favorire la ripresa dell’economia egiziana. [21] Anche definita ‘crisi di ottobre’. [22] Sul posizionamento sovietico di missili a Cuba, il capo di stato maggiore dell’aviazione Curtis LeMay reagì animosamente con un “Attacchiamo e distruggiamo completamente Cuba.” [23] Prima di coalizzarsi con l’Unione Sovietica, Fidel Castro cercò di ottenere l’appoggio degli Stati Uniti che risposero attaccando la baia dei Porci (1961). [24] I missili Jupiter si trovavano dislocati in Puglia e Basilicata. [25] Anche soprannominati “Dragon Lady”, aerei monoposto da ricognizione ad alta quota muniti di fotocamera. [26] L’URSS avrebbe levato i missili a Cuba e l’USA in Italia e Turchia. [27] In particolare, Fanfani scrisse “fermamente credo che, poggiando sulla sicura volontà di pace degli Stati Uniti, utilizzando in primo luogo la sede dell’Onu e giungendo ad una discussione esauriente ed anche diretta tra Lei e il signor Chruščëv, è possibile, con un costruttivo esame globale di tutti i problemi oggi aperti, far passare il mondo dall’attuale gravissima tensione all’inizio di una nuova fase di tranquillità. Occorre giungere con coraggio e determinazione a un esame globale di tutti i problemi esistenti. E questo esame deve essere il primo obiettivo di coloro che oggi hanno la massima responsabilità nella condotta del mondo, e cioè i capi degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.” Frammenti della lettera scritta da Amintore Fanfani a John F. Kennedy, 23 ottobre 1962, Roma.
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Sitografia
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National Archives II Washington, D.C.
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