top of page

L’eredità di Mattei: una strategia per il Mediterraneo allargato a partire dal gas

Aggiornamento: 9 lug 2023

Fig. 1, Credit: Shutterstock.com

A un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, l’Italia ha dimostrato di saper fronteggiare il temuto arrivo dell’inverno senza dover compromettere gli impegni presi a livello europeo nel limitare le importazioni di gas russo. Ai due governi succedutisi nell’ultimo anno si è presentata la stessa la sfida: la diversificazione dei fornitori di gas per garantire non solo la sicurezza degli approvvigionamenti, ma anche il contenimento dei costi per i consumatori. Proprio l’aumento del prezzo del gas ha rappresentato uno dei principali refrain che hanno accompagnato gli ultimi mesi del governo Draghi e la campagna elettorale estiva risultata nell’insediamento del governo Meloni in ottobre.


Tuttavia, la questione del gas mostra chiaramente la difficoltà nel tracciare un chiaro confine tra la politica domestica e quella estera che non mancano di influenzarsi l’un l’altra. La mancanza di materie prime per la produzione nazionale di energia ha portato i precedenti governi ad infittire il rapporto di dipendenza con la Russia[1], ma il conflitto russo-ucraino ha spinto i due più recenti Presidenti del Consiglio a tornare a rivolgersi verso l’Africa e il Mediterraneo allargato con un rinnovato interesse strategico, supportato dalla storica presenza dell’Eni in quest’area.


1. Continuità tra i governi


Il governo Draghi, il cui mandato era originariamente legato alla gestione del piano vaccinale e all’approvazione del PNRR, ha dovuto anche fronteggiare le ricadute nazionali e internazionali del conflitto russo-ucraino, scoppiato ad un anno dal suo insediamento.


Il primo marzo 2022, in un’informativa presentata al Senato, il Presidente del Consiglio ha delineato la propria strategia per ridurre la dipendenza italiana dal gas russo e contrastare l’aumento dei prezzi. In linea con l’obiettivo della transizione energetica verde, veniva ribadita la centralità dello sviluppo e del ricorso alle fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, l’orizzonte temporale contemplato da questo cambiamento epocale ha portato Draghi a definire il gas come un “utile combustibile di transizione” per il medio periodo. Nel breve periodo, quindi, per limitare l’eccessiva dipendenza dal gas russo e tutelare così la sicurezza nazionale, venivano stabiliti quattro diversi corsi d’azione: il risparmio dei consumi, l’aumento della produzione termoelettrica, il ricorso al GNL con la costruzione dei necessari impianti di rigassificazione e la diversificazione dei fornitori.


Nel bilancio dell’esperienza di governo conclusasi prematuramente, l’ex Presidente del Consiglio può vantare di aver siglato importanti accordi che garantirebbero un apporto di circa 16,8 miliardi di metri cubi (bcm) di gas nel 2023, 21,4 bcm nel 2024 e 24,6 bcm nel 2025. Tali accordi riguardano in particolar mondo l’Algeria e l’Azerbaijan per le forniture di gas naturale e l’Egitto, il Qatar e il Congo per le forniture di GNL[2]. In sede europea, inoltre, Draghi è stato uno dei maggiori sostenitori e una delle forze trainanti dell’accordo sul price cap che ha visto la luce lo scorso dicembre.


Il tetto europeo al prezzo del gas è stato per altro una misura largamente condivisa da tutti gli schieramenti politici italiani - compreso l’unico partito di minoranza, oggi primo azionario di maggioranza, Fratelli d’Italia. In materia energetica, infatti, il governo Meloni ha continuato a lavorare nel solco tracciato dal precedente esecutivo, sostenendo il legame ideale tra la sicurezza energetica e la transizione verde ma coltivando al contempo i rapporti con i paesi produttori di gas, specialmente quelli appartenenti al bacino del Mediterraneo. Per questa ragione, poco dopo il proprio insediamento, la Presidente Meloni ha incontrato personalmente, al margine della Conferenza sul Clima tenutasi a novembre a Il Cairo, il Presidente egiziano al-Sisi, mentre ha più recentemente ricevuto a Roma il Primo Ministro israeliano Netanyahu il 10 marzo scorso.


Il più forte elemento di continuità nelle strategie dei due governi rimane infatti lo sguardo rivolto al Mediterraneo allargato e all’Africa per sopperire alla carenza di gas. D’altra parte, la necessità di instaurare più saldi rapporti con i propri vicini del sud per garantirsi approvvigionamenti ben si presta al delineamento di una strategia di più ampie vedute da applicare a questa regione di primario interesse strategico per l’Italia. A questo scopo, la Presidente Meloni ha fatto riferimento alla figura di Enrico Mattei, sia ricordando il sessantenario dalla sua morte nel suo discorso di insediamento alla Camera, sia lanciando un ideale “Piano Mattei per l’Africa” in occasione della sua visita ad Algeri per l’incontro con il Presidente Tebboune il 23 gennaio scorso.

Fig 2, La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in visita al Giardino intitolato a Enrico Mattei, Algeri, 23/01/2023 https://www.governo.it/it/media/il-presidente-meloni-algeria/21571

2. Enrico Mattei, un ministro ombra


Il riferimento a Mattei è inteso come un richiamo alla sua ricerca di una collaborazione con i Paesi africani che potesse portare un mutuo vantaggio, facendo gli interessi dell’Italia portando al contempo sviluppo ai Paesi vicini. Quella di Enrico Mattei è infatti da considerarsi una figura cruciale del secondo dopoguerra, non solo per il suo importante ruolo nell’organizzazione logistica della Resistenza valsagli una medaglia d’oro al valore militare, ma anche per essere stato uno dei principali fautori del miracolo economico degli anni ’60.


Nominato nel 1945 commissario straordinario per la liquidazione della Azienda generale italiana petroli (AGIP) di matrice fascista, Mattei intravide invece nel suo potenziamento una grande opportunità per il Paese –povero, pieno di forza lavoro, ma soprattutto bisognoso di energia. Per questa ragione, dopo le prime esplorazioni di successo nella provincia di Lodi, Mattei lanciò la sua campagna di pressioni politiche per superare l’opposizione degli Alleati americani alla creazione di un unico ente, pubblico ma indipendente impegnato nella ricerca, raffinazione e distribuzione di idrocarburi in Italia e all’estero. A seguito della fondazione dell’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) nel 1953 tramite un iter parlamentare durato due anni, Mattei ne assunse la carica di presidente fino alla sua morte nel 1962.


Mattei non si distinse solo per uno spiccato spirito imprenditoriale, ma anche per una profonda comprensione delle dinamiche del contesto internazionale e dell’ormai irrimandabile sgretolamento dei regimi coloniali. Citando il film di Rosi (1972) in cui Mattei è interpretato da Gian Maria Volonté, l’imprenditore marchigiano aveva capito che “chi si occupa di petrolio fa politica, politica estera precisamente”. Per questa ragione spesso se ne parla come di un “ministro ombra”[3] di quel periodo in quanto, volutamente svincolato da ruoli istituzionali, non ha mancato di fare gli interessi della nazione tramite la fitta rete di rapporti a livello personale intessuti con capi di stato e di governo, dal presidente egiziano Nasser all’ultimo scià di Persia Pahlavi .

Fig 3, Enrico Mattei stringe la mano di Gamal Abd el Nasser https://archiviostorico.eni.com/aseni/en/pills/IT-ENI-CMS0001-000002

Per garantire alla neonata Italia repubblicana, pur umiliata dal conflitto, un posto al tavolo delle potenze del nuovo sistema internazionale, Mattei non esitò ad entrare in conflitto con il monopolio delle Sette Sorelle[4]. Offrendo ai Paesi produttori dei prezzi al ribasso e un ritorno economico maggiore, riuscì ad ottenere numerose concessioni per l’esplorazione e la ricerca di petrolio. La sua fortuna -e quella dell’Eni- sono dovute anche al principio guida dell’azione di Mattei, che prometteva ai suoi partner locali un mutuo beneficio economico e uno sviluppo condiviso piuttosto che uno sfruttamento unilaterale.


Ancora oggi, l’Eni si ispira a questi principi: nel rispetto dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, uno dei pilastri del business model dell’Eni, identificato come Dual Flag, mira a favorire lo sviluppo delle comunità locali promuovendo l’accesso all’elettricità, la creazione di lavoro e il trasferimento di know-how ai partner locali. Ciò ha permesso al gruppo di essere presente in ben 69 Stati nel mondo, fornendo un incomparabile appoggio agli sforzi della diplomazia italiana.


3. L’Eni nel Mediterraneo


Gli accordi stipulati dai governi italiani nell’ultimo anno hanno potuto ancorarsi alla presenza di alcuni progetti già avviati dall’Eni, investendoli di rimando di una rilevanza politico-strategica nell’ambito della collaborazione bilaterale tra Stati che conferisce al gruppo la garanzia di una maggiore solidità degli investimenti.


Le missioni del ministro degli Esteri Di Maio della scorsa primavera si sono infatti concentrate in Paesi in cui Eni è presente da tempo -come nel caso della Repubblica del Congo (dal 1968) o dell’Angola (dal 1980)- o in cui detiene interessi legati a progetti in via di sviluppo -come nel caso dell’impianto galleggiante di liquefazione Coral Sul FLNG in Mozambico e la collaborazione nel progetto North Field East per la produzione di GNL della Qatar Energy. Il coinvolgimento dell’Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi si è rivelato cruciale per assicurare all’Italia un aumento di forniture di gas naturale e GNL: sia l’accordo con la compagnia algerina dell’energia Sonatrach sia quello con il ministro degli Idrocarburi della Repubblica del Congo, Bruno Jean Richard Itoua, recano infatti la firma di Descalzi, per quanto questa sia avvenuta in entrambi i casi alla presenza di esponenti dei governi di entrambi i Paesi[5].

Più recentemente, lo scorso gennaio Descalzi ha incontrato a Il Cairo il Presidente egiziano al-Sisi per discutere delle attività di esplorazione in corso e firmare un Memorandum of Intent sulla riduzione delle emissioni prodotte nel Paese. L’Egitto, dove Eni è presente fin dal 1954, occupa il posto apicale nel portfolio della compagnia energetica italiana[6], anche grazie allo sfruttamento del pozzo Zohr, il più ricco giacimento del Mediterraneo Orientale[7], scoperto proprio da Eni al largo delle coste egiziane nel 2015. Inoltre, dal 2013 Eni detiene interessi in sette licenze delle acque economiche esclusive di Cipro, dove, nel blocco 6, sono stati scoperti i pozzi Calypso 1 e Chronos-1 nel 2018 e 2022 rispettivamente.

Fig 4, Claudio Descalzi incontra Abdel Fattah al-Sisi, Il Cairo, 16.01.2023

Già dal 2009, con la scoperta del giacimento Leviathan al largo delle coste israeliane, l’area del Mediterraneo Orientale si è rivelata di primo interesse per la ricerca di risorse naturali, oggi stimate a 879 milioni di barili di petrolio e circa 8,100 bcm di gas naturale, concentrati per lo più in un’area di 100-150 km2 all’incrocio tra le acque territoriali egiziane, cipriote e israeliane[8]. La mancanza di infrastrutture adeguate al reperimento e al trasporto di queste risorse ha portato la Commissione Europea ad individuare, già nel 2013, come Project of Common Interest l’EastMed, il gasdotto sottomarino che da Israele, passando per Cipro e percorrendo circa 1900 km, trasporterebbe in Grecia (e poi in Italia tramite il gasdotto Poseidon) fino a 20 bcm di gas all’anno[9]. Tuttavia, le storiche tensioni territoriali e politiche tra i Paesi della regione, sottolineate anche dall’esclusione di Ankara e Beirut dall’organizzazione internazionale dell’East Mediterranean Gas Forum (Emgf)[10], hanno rallentato i progressi del progetto, tanto che lo scorso giugno, proprio al margine di una riunione del Forum, l’Unione Europea ha preferito siglare un Memorandum of Understanding con Israele ed Egitto direttamente.


Conclusioni


Dopo aver diversificato con successo la provenienza delle fonti energetiche facendo leva anche sull’intercessione dell’Eni, sotto la guida della nuova Presidente del Consiglio Meloni, l’Italia si propone di diventare un energy hub per collegare la sponda sud del Mediterraneo al resto dell’Europa. Questa non è un’idea nuova: l’Italia è infatti già collegata con l’Algeria e con la Libia tramite i gasdotti Trans-Mediterranean e Greenstream rispettivamente e anche il rafforzamento dei legami con l’Egitto e Israele per la fornitura di GNL perseguito dall’attuale governo è in linea con gli sforzi del precedente governo. Tuttavia, per porsi realmente come “ponte culturale” e interlocutore centrale per i Paesi della regione, l’Italia dovrà accompagnare alla convenienza economica anche una visione politica che abbracci le principali faglie di conflitto della regione, dal conflitto israelo-palestinese alle dispute territoriali tra Turchia e Grecia, particolarmente acuite nello scenario di Cipro, senza trascurare la difficile ricostruzione negli ancora instabili contesti libico e siriano.


(scarica l'analisi)


Note

[1]Fino allo scoppio del conflitto, il 95% del gas consumato in Italia era importato e la Russia forniva il 40% delle importazioni. [2] Ministero della Transizione ecologica, Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale, settembre 2022 (https://www.mite.gov.it/node/15182) [3] Eni è stato tra i primissimi gruppi commerciali europei a stringere rapporti commerciali con l’URSS nonostante l’Italia facesse parte dell’alleanza atlantica e Mattei esprimeva apertamente il suo sostegno alla causa dell’indipendenza algerina. [4] Il cartello di compagnie petrolifere multinazionali che dettava allora le leggi del mercato costituito dalle statunitensi Exxon, Mobil, Texaco, Standard oil of California (Socal), Gulf oil, dall’anglo-olandese Royal Dutch Shell e dalla britannica British Petroleum. [5] Nel primo caso erano presenti sia il Presidente algerino Tebboune che il Presidente del Consiglio italiano Draghi; nel secondo caso, a causa della positività al Covid di Draghi erano presenti, oltre al ministro della Transizione Ecologica Cingolani, anche il ministro degli Esteri della Repubblica del Congo Gakosso e il suo corrispettivo italiano di Maio. [6] con una produzione annuale di circa 15 bcm riportati nel 2021. Fonte: Eni Annual Report 2021. [7] Al 31 dicembre 2021 le riserve certe del giacimento Zohr di competenza Eni sono state pari a 706 milioni di boe (barili equivalenti di petrolio). Fonte: https://www.eni.com/it-IT/attivita/egitto-zohr.html [8] Christopher J. Schenk et al., “Assessment of Undiscovered Conventional Oil and Gas Resources in the Eastern Mediterranean Area, 2020”, in USGS Fact Sheets, July 2021, https://doi.org/10.3133/ fs20213032. [9] Fonte: https://www.edison.it/en/eastmed-poseidon-project [10] La lista dei Paesi membri annovera Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Autorità Nazionale Palestinese.


Bibliografia e Sitografia


コメント


bottom of page