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L’ondata populista nelle prossime elezioni europee

  • 17 mag 2019
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 1 nov 2020


Il contesto e il ruolo del populismo all’italiana

Se alle precedenti elezioni europee, fin dalla vigilia, si poteva prevedere una maggioranza per i due main competitor della scena (Partito Popolare Europeo e Socialisti & Democratici), oggi, alla vigilia delle elezioni, il panorama politico e dei rapporti di potere appare decisamente mutato.

L’avanzata, tra il 2014 ed oggi, dei nuovi movimenti della destra euroscettica e la conseguente perdita di consenso dei partiti di sinistra, a livello nazionale, è un evidente monito di quello che potrebbe essere un ribaltamento delle forze in campo anche a livello continentale.

È impossibile non citare, in questo contesto, l’importante exploit della Lega che, dalle recenti elezioni parlamentari italiane, è stata in grado di portare il suo consenso, secondo i sondaggi, dal 17 al 32% circa, portando addirittura il giornale tedesco Der Spiegel a definire il 2019 come l’anno del populismo.

Non solo Salvini (affiancato in parte dal Movimento 5 Stelle), ma anche Orbàn in Ungheria, Kaczynski in Polonia e il neofascista Heinz-Christian Strache nell'Austria di Kurz sono dei chiari esempi di come queste forze siano riuscite a raggiungere posizioni di potere all’interno dei rispettivi paesi.

I recenti sondaggi condotti dal Parlamento Europeo, mettono in evidenza la possibilità che i partiti euroscettici siano in grado di raggiungere circa 250 seggi (su un totale di 750, un terzo del totale), il che andrebbe a creare un importante schieramento apertamente anti-UE. Il nostro paese, se le previsioni elettorali dovessero essere confermate, darebbe un sostanzioso contributo al fronte populista, con circa 28 seggi al Carroccio e 21 al Movimento 5 Stelle, mentre si dovrebbe assistere ad un crollo di quelli del Partito Democratico, che passerebbe da 31 (ottenne il 40% alle elezioni del 2014) a 14. Se pare difficile che questa ondata populista possa ottenere una maggioranza assoluta di voti, sicuramente è presente la possibilità che vada ad occupare un ruolo chiave negli equilibri di potere europei del prossimo quinquennio. Risulta evidente che un eventuale scontro in seno al nuovo Parlamento Europeo rischierebbe di portare ad una immobilità sostanziale di questo, con effetti potenzialmente molto gravi. Alla luce di questi elementi, è importante analizzare come un’evoluzione di questo tipo sia stata possibile, a che cosa potrebbe portare e che ruolo ha avuto il nostro paese in tutto ciò.


Lo sviluppo dei rapporti all’interno della destra populista

Che l’obiettivo dichiarato della nuova ala di destra sia di acquisire sempre più potere all’interno delle istituzioni europee, così da poter “cambiare” l’Unione dal suo interno è cosa nota, meno note e più camuffate sono, al contrario, le strategie per attuare questa rivoluzione. Senza dimenticare gli esponenti di estrema destra francesi (con la Le Pen) e tedeschi (Alternative für Deutschland), in grado di indirizzare una discreta quantità di opinione pubblica dei rispettivi paesi nel corso degli ultimi anni, è necessario osservare come buona parte degli alleati ideologici di Salvini (Orbàn e Kurz su tutti), vadano ad accrescere le fila del Partito Popolare Europeo[1]. Se un fronte euroscettico compatto pare quantomeno improbabile, soprattutto a causa delle resistenze dei sopracitati affluenti al PPE ad abbandonarlo, una transizione di questo verso la destra appare decisamente meno improbabile. Allo stesso modo in Polonia, il partito di Kaczynki, facente parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti, vede la possibilità di divenire il leader dei futuri conservatori europei (successivamente all’uscita del Regno Unito dall’UE).

Il nostro paese, poste queste basi, si è posto letteralmente a capo della schiera di movimenti populisti e di estrema destra del panorama continentale, elemento da non sottovalutare, soprattutto se si pensa che l’Italia fu membro fondatore dell’Unione e che contribuì in maniera importante al processo di integrazione europea. In aggiunta, il fatto che l’8 aprile scorso sia stato presentato a Milano quello che lo stesso ministro dell’interno ha definito il “primo gruppo del prossimo parlamento europeo[2] (assieme ai tedeschi dell’Afd, ai finlandesi del Finnis Party e ai danesi del Dansk Folkeparti), non può fare altro che sottolineare la posizione trainante del nostro paese, “…La differenza tra la Lega e altri è che altri devono andare all'estero per cercare alleanze, la Lega fortunatamente invita in Italia altri movimenti europei ... Ormai la Lega ha contatti con almeno venti movimenti politici in altrettanti Paesi europei, siamo centrali e determinanti, sono gli altri a venire in Italia, non siamo noi ad andare dagli altri»[3].


L’elemento del razzismo come chiave di lettura

Un fattore chiave che può aiutare a dare una risposta sul perché questi partiti di destra abbiano avuto un boom così importante è quello del razzismo, soprattutto se si tiene in considerazione il recente fenomeno migratorio africano verso il continente europeo.

La recente relazione dell’agenzia UE per i diritti fondamentali, realizzata su 12 paesi europei, relativamente al trattamento dei migranti, ha evidenziato come un terzo delle persone di origine africana abbia subito delle forme di molestie razziste durante gli ultimi 5 anni. Finlandia, Lussemburgo e Irlanda sono risultati essere i paesi con il tasso di discriminazione e xenofobia violenta maggiore (rispettivamente il 63, 52 e 51% degli intervistati ha dichiarato di aver subito atti discriminatori)[4].

In questa “speciale” classifica il nostro paese, pur non classificandosi sul podio, si piazza in quinta posizione.

Se può lontanamente sembrare un fattore positivo, in realtà non lo è, dato che l’Italia raggiunge valori che oscillano, in media, trai il 30 e il 40%.

Secondo i dati raccolti in un articolo della Repubblica, dal 2017 ad oggi si sarebbero verificate, nel nostro paese, 81 nuove aggressioni ricollegabili a convinzioni xenofobe, inoltre, secondo i sociologi interpellati, il fatto che il mostrarsi apertamente razzisti non sia più considerato come un tabù, nemmeno nelle sedi di governo ed istituzionali, fa sì che questo sia in continua crescita.

Dati che sono stati confermati dai servizi segreti nostrani, che hanno evidenziato come eventi di vero e proprio squadrismo, o anche gesti di natura fascista, possano intensificarsi in vista delle elezioni del 26 maggio.

Tutto ciò deriva dal fatto che le forze xenofobe di destra hanno focalizzato il dibattito pubblico, e la relativa campagna elettorale, sulla forte e netta opposizione alle politiche migratorie e sull’intolleranza nei confronti dello straniero, mirando a raggiungere soprattutto le periferie e la parte più rancorosa della popolazione (tra i quali questa campagna ha, appunto, avuto maggior successo).

La diffusione di queste argomentazioni è stata favorita anche dal fenomeno dei social network che, dalle elezioni americane del 2016, hanno assunto un ruolo cruciale. Come dimostrato dagli studi della Alto Social Analytics, società specializzata nello studio dei dati sul web relativamente alla sfera politica, nei paesi più importanti del continente[5], una quota inferiore allo 0,1 % degli utenti ha generato oltre il 10 % dei contenuti di tipo politico, in molti con centinaia di post al giorno, la maggior parte dei quali con lo scopo di far proliferare i temi dell'immigrazione, della sicurezza, dell'islamofobia, cari alla destra radicale[6]. Il fatto che una quantità così alta di post e tweet vengano condivisi da una percentuale molto bassa di utenti ha avvalorato il sospetto che vengano utilizzati dei software automatizzati appositi, sospetto che trova fondamento nel fatto che più della metà di questi sia riconducibile agli ambienti di estrema destra.

Il nostro paese non fa eccezione nello scacchiere europeo, anche se mostra alcune importanti peculiarità.

I dati diffusi sull'analisi di oltre tre milioni di post si concentrano, più che sulla presenza di troll e bot, sui temi. È sì presente un forte uso dei social su base giornaliera [7], ma i protagonisti sono più distribuiti sul ventaglio politico: dalla Lega (oltre il 40%) a cui si somma un 15% del Movimento 5 Stelle, per un totale del 55% di stampo populista [8]. Ciò che emerge, e rappresenta un dato quantomeno interessante, è che il 40% di questi post fa riferimento al Partito Democratico. Se ne deduce che sia in atto non soltanto una campagna di stampo razzista e xenofobo, con il chiaro intento di spaventare la popolazione, ma anche una parallela con l’obiettivo di screditare e sminuire l’avversario politico.


Il contesto internazionale come ago della bilancia?

Data l’importanza che queste elezioni hanno a livello mondiale (vale la pena ricordare che il mercato unico europeo è il maggior bacino di affari al mondo, superando anche il mercato americano), è lecito aspettarsi un qualche tipo di influenzamento dalla comunità internazionale? L’annuncio da parte di Steve Bannon [9] del suo trasloco a Bruxelles, in vista delle elezioni europee, ha confermato che anche la destra radicale americana è fortemente interessata al risultato delle elezioni del 26 maggio, così come la Russia di Putin che si è più volte dimostrata sostenitrice dei partiti di destra[10].

Il fatto che lo stesso Bannon consideri Salvini (e il governo italiano) come una sua creatura[11], e che voglia replicare lo stesso modello anche in altri paesi d’Europa, deve essere un campanello d’allarme, soprattutto perché nelle sue disamine propagandistiche è molto elevato il fattore della disinformazione (come del resto in tutti i movimenti di estrema destra analizzati finora). Il suo intento è identificabile nel tentativo di federare la destra radicale, nonostante le sue differenze interne, grazie a un’importante rete di contatti che va dal Rassemblement National in Francia, ad Orbán in Ungheria, passando proprio per la Lega e i partiti di estrema destra in Svezia e Germania.

Il principale rischio, non soltanto per l’ala socialista (o comunque che abbraccia i temi cari alla sinistra) ma anche e soprattutto per l’Unione Europea, è che si venga a creare un’internazionale populista sufficientemente forte da poter stoppare e cancellare ciò che di buono è stato fatto finora, andando a modificare le radici stesse dell’Unione. Ad oggi, l’obiettivo dei partiti di destra non è apparire antieuropei, ma offrire una rifondazione, un’Europa che consenta ai paesi di resistere alla migrazione [12] e rivendicare la sovranità dalle istituzioni europee [13].


Quale futuro per l’Europa e per l’Italia?

Come già detto precedentemente, nonostante la chiara crescita dei populismi all’interno del continente, è quantomeno improbabile che il prossimo quinquennio sia a trazione populista. Il fatto che i due gruppi parlamentari ad oggi al governo, S&D (Socialisti e Democratici Europei) e PPE (Partito Popolare Europeo), dovranno probabilmente affrontare un’importante riduzione di seggi, non dovrebbe pregiudicare la formazione di un governo, con il possibile supporto di ALDE [14], in grado di attuare le odierne linee guida europee. Inoltre, le recenti vittorie di Zuzana Caputova [15] in Slovacchia e quella del PSOE in Spagna, rendono difficoltosa la scalata dei partiti sovranisti.

Se è difficile che, per l’Unione Europea, la data del 26 maggio sia così catastrofica come annunciato, diversamente potrebbe essere per il nostro paese. Il principale rischio che si prospetta all’orizzonte, è che l’Italia si trovi ancor più isolata all’interno dell’europarlamento, più di quanto non lo sia stata finora [16]. Il fatto che la Lega sarà, probabilmente, il partito populista di maggior successo nelle imminenti elezioni, non fa altro che esporci di più a questo rischio, dato che gli alleati di Salvini dovrebbero, come precedentemente accennato, in buona parte confluire nel PPE.

Se a ciò si aggiunge che, in questa legislatura, diversi parlamentari della coalizione di governo sono stati capaci di influenzare le decisioni comunitarie tramite il loro operato politico, non si può che dipingere un cupo futuro per la nostra penisola [17].

In conclusione, se è certo che l’Europa stia affrontando un periodo estremamente delicato per la sua sopravvivenza, con attacchi sia dall’interno che dai suoi principali competitor internazionali, è altrettanto vero che ha dimostrato di saper gestire queste situazioni con compattezza e risolutezza, e la Brexit ne è un esempio.

Al contrario, non soltanto gli esponenti populisti hanno più volte esternato fratture interne, ma soprattutto si collocano su piani politici, e di alleanza, differenti.

Nonostante ciò, sia per l’Italia, che per l’Unione, si prospetta un futuro tutt’altro che chiaro, con conseguenze che saranno identificabili soltanto dopo il 26 maggio. Ciò che appare chiaro, è che, comunque vada, una nuova sfida attende le due parti. La principale differenza risiede nella capacità dei due attori: da una parte un paese con una classe politica che preferisce mostrarsi sui social e negare i diritti fondamentali a chi scappa dalla guerra, anziché combattere i veri problemi della popolazione, dall’altra, un’entità che al motto “Unita nella Diversità”, cerca di contrapporsi all’avanzata di chi predica, ad esempio, razzismo, xenofobia, disuguaglianza sociale ed emarginazione.


Sitografia


[1] Ad oggi, il principale e più numeroso gruppo politico presente nel Parlamento Europeo, nel quale confluiscono, tra gli altri, anche i parlamentari della CDU tedesca, il partito della cancelliera Merkel

[2] https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/04/08/milano-salvini-riunisce-i-sovranisti-deuropa-ma-manca-le-pen-confini-e-porti-chiusi-il-videoracconto/5095150/

[3] Dichiarazione detta qualche giorno prima dell’incontro.

[4] L’elemento peggiore è che circa il 10% di queste discriminazioni è stata compiuta da un ufficiale di polizia, per poi estendersi anche a luoghi di lavoro e nel rifiuto di affittare le case alle persone di colore.

[5] Nello specifico Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia.

[6] In Francia, l'11 per cento degli interventi di tipo politico su Facebook, Twitter o Instagram risalgono ad una percentuale dello 0,13 per cento degli account. Più della metà, secondo Alto Analytics, riconducibili all'area dei nazionalisti di Marine Le Pen. Ancor più evidente è il caso tedesco, dove il 9,55% dei contenuti politici risale ad appena lo 0,09%degli account che, per tre quarti, fanno riferimento agli estremisti di destra di AfD.

[7] Con casi di circa 50 post giornalieri.

[8] Secondo Alto Analytics, il 45% delle citazioni politiche sui social è per Salvini, il 36% per i 5Stelle. Il 28% degli interventi fa riferimento in generale alla politica, mentre temi assai dibattuti come il reddito di cittadinanza e quota 100 occupano solo il 12,5% dei post analizzati. I post diventano una miriade quando si parla di immigrazione. Tutto quello che la riguarda, dal ruolo delle Ong, gli sbarchi, la chiusura dei porti, con particolare insistenza sulle critiche alla politica dell'accoglienza, vale da solo il 34% dell'attività sui social.

[9] Ex capo stratega della Casa Bianca, nonché fermo sostenitore dei movimenti di estrema destra in tutto il mondo.

[10]È sufficiente ricordare la sua (di Putin) foto in compagnia di Marine Le Pen e i commenti entusiastici di Salvini nei suoi confronti.

[11] Come da lui stesso dichiarato in un’intervista alla CNN in diretta da Roma dove andò subito dopo la formazione della coalizione nazionalista-populista.

[12] Non tenendo conto dei principi di diritto internazionale consuetudinario, come quello di non respingimento.

[13] In piena contraddizione con il principio di integrazione europea. In questo caso la situazione italiana è da considerarsi particolarmente grave dato che è un membro fondatore.

[14] Alliance of Liberals and Democrats for Europe.

[15] Fervente europeista il cui partito aderisce al gruppo parlamentare dell’ALDE.

[16] Basti pensare agli spinosi rapporti con la Francia di qualche mese fa e il progressivo e costante allontanamento dalla Germania.

[17] Si vedano Politico e Vote Watch.

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