Il conflitto russo-ucraino. Quali possibili conseguenze per l’Italia?
- Lorenzo Giordano
- 29 mar 2022
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 16 apr 2022

1. Introduzione: la ripresa del conflitto
All’alba del 24 febbraio il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina. La decisione è avvenuta poco dopo il riconoscimento ufficiale delle repubbliche separatiste del Donbass – Lugansk e Donetsk – situate in territorio ucraino, e l’invio di truppe nel territorio con la motivazione ufficiale di peacekeeping.
La quasi totalità dell’attuale territorio ucraino è appartenuta per secoli prima all’impero russo, poi all’URSS, nella forma istituzionale di Repubblica socialista sovietica. Dalla fine dell’URSS, i legami con la Russia hanno continuato a condizionare il modo in cui Kiev ha guardato alla politica internazionale. Le ragioni sono molteplici: in primo luogo, il territorio ucraino ospita consistenti minoranze di etnia russa e di lingua russofona, in Crimea e nell’Ucraina sud-orientale; inoltre l’Ucraina è un importante hub energetico di transito verso l’Europa occidentale. D’altra parte, tra il 1991 e il 2014, Kiev aveva approfondito le relazioni bilaterali e multilaterali con i Paesi dell’Unione Europea (UE) e gli Stati Uniti, al fine di acquisire maggiore indipendenza dall’influenza russa.
Lo scoppio della crisi ucraina nell’inverno 2013-14 (in particolare l’annessione russa della Crimea – situata in una posizione strategica tra il Mar Nero e il Mare d’Azov – e il supporto russo alle forze filo-separatiste nella regione ucraina sud-orientale del Donbass) ha portato a un deterioramento permanente delle relazioni tra Mosca e Kiev e a una svolta radicale nella posizione ufficiale del Paese. Dal 2014, l’Ucraina ha portato avanti una visione apertamente filo-europeista e filo-occidentale – che si è manifestata nella volontà di entrare a far parte dell’UE e della NATO – e in aperto conflitto con la Russia.
In tale contesto, Kiev ha avviato una serie di riforme strutturali anche con il sostegno della comunità europea. Nel giugno 2017 l’UE ha approvato la liberalizzazione dei visti e il 1º settembre 2017 è entrato in vigore l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Tuttavia, i continui scontri nel Sud del Paese hanno reso di fatto inutili gli sforzi diplomatici che avevano portato nel settembre 2014 alla firma del Protocollo di Minsk (cosiddetto Minsk I) da parte dei separatisti e del governo di Kiev, sotto mediazione di OSCE e Russia.
A pochi giorni dall’avvio dell’operazione militare russa in Ucraina, nonostante sia complesso ipotizzare scenari futuri, si può affermare che quanto sta accadendo in Europa orientale rischia di produrre un impatto gravoso anche in Italia, sia sul fronte militare, in quanto membro della Nato, che su quello economico, dalle forniture di gas alle ripercussioni sulle banche.

2. Il ruolo dell’Italia sul fronte militare
Uno dei primi aspetti da considerare è che l’Italia è membro della Nato e, come dichiarato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, intende fornire il “pieno supporto alle misure che verranno decise”.
Ciò potrebbe comportare la fornitura di mezzi militari, la messa a disposizione di alcune basi e un maggior coinvolgimento in alcune operazioni. “Il ruolo dell'Italia in questa guerra si sviluppa nell'ambito della sua appartenenza alla Nato che, in questa fase, sta rafforzando il suo profilo deterrente", ha sostenuto Pietro Batacchi, direttore di Rivista italiana difesa.
Importante è stata l’attività svolta nei giorni scorsi dagli UAV (Unmanned Aerial Vehicles) “spia” Global Hawk del sistema Nato AGS (Alliance Ground Surveillance) basato a Sigonella. I velivoli sono stati più volti tracciati nei cieli ucraini per monitorare gli spostamenti delle truppe russe di là del confine grazie al loro potente radar di ricerca. A Costanza, in Romania, sono basati 4 Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica Militare – Task Force Air Black Storm – nell’ambito dell’operazione di pattugliamento aereo Enhanced Air Policing Area South, mentre in Lettonia è presente una compagnia meccanizzata dell'Esercito inserita all’interno del battle group a guida canadese.
Al momento la Nato schiera 4 Battle Group – Enhanced Forward Presence – nei 3 Paesi baltici e in Polonia. Un quinto, a guida francese, dovrebbe essere dispiegato nelle prossime settimane in Romania. In linea generale, l'Alleanza ha già annunciato di voler potenziare il proprio dispositivo militare nell’Europa dell’Est. Nel Mediterraneo, l’Italia schiera un paio di navi (più una terza disponibile on call) nel quadro dello Standing Nato Maritime Group 2, ed un’altra nave all’interno della missione, sempre della Nato, Sea Guardian.
Da sottolineare, inoltre, il ruolo delle basi americane in Italia. Ad Aviano la United States Air Force (USAF) ha 2 gruppi di F-16, per un totale di una quarantina di aerei, alcuni dei quali dovrebbero essere stati inviati in Europa dell’Est, mentre a Vicenza è di stanza la U.S. Army Southern European Task Force, Africa, con elementi della 173ª Brigata Aerotrasportata. In Italia è basata anche parte della Task Force 67, ovvero la componente aeronavale basata a terra della 6th Fleeth. Il cuore della TF-67 è Sigonella, dove operano aerei da pattugliamento marittimo P-8A Poseidon e UAV “spia” MQ-4 Triton.
La Nato ha poi deciso di rafforzare il proprio dispositivo militare nell’Europa dell’Est dove l’Italia partecipa a una missione denominata Baltic Guardian, ma non vuole un conflitto. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha spiegato che le decisioni prese nelle ultime ore hanno uno scopo difensivo e preventivo.
Dunque, nel complesso, il contributo italiano alla forza Nato potrebbe attestarsi sulle 4mila unità, dal momento che l'Italia partecipa alla Forza di risposta rapida – attivata dalla Nato e che prevede al suo interno la cosiddetta ‘Spearhead’, la punta di lancia di circa 2mila uomini prontamente operativi – e al dispositivo per la sorveglianza navale e all'attività di raccolta dati nell'area sud dell'Alleanza (Mediterraneo orientale e Mar Nero), con 235 unità, due mezzi navali e un mezzo aereo.
Inoltre, potrebbero essere mobilitati altre 1350 unità, 77 mezzi terrestri, 2 mezzi navali (a partire dal secondo semestre 2022) e 5 mezzi aerei.

3. L’impatto negativo sul fronte economico
Gli effetti della guerra sono altresì di natura economica e hanno profonde ricadute sulla popolazione in termini di costo della vita e dei beni di prima necessità.
La Russia è il terzo produttore e consumatore di energia al mondo, dopo Cina e Stati Uniti. Per quanto riguarda il gas naturale, è il primo Paese al mondo per riserve, e il secondo produttore al mondo, dopo gli USA. Oltre a costituire il più importante componente del mix energetico, il gas è anche il principale prodotto esportato all’estero, principalmente verso l’Europa: il 70% delle esportazioni totali di gas naturale si dirige verso il continente europeo.
Nell’ultimo decennio queste esportazioni sono rimaste costanti, attorno ai 180 miliardi di metri cubi (GMC) all’anno, salvo calare a 138 GMC all’anno nel 2009 a seguito della forte contrazione della domanda europea e mondiale di gas, che ne ha spinto il prezzo verso il basso. Ai russi è convenuto dunque continuare a onorare i contratti di fornitura in vigore con molti Paesi europei, i quali fissano il prezzo del gas sul medio periodo e sono legati a clausole ‘take or pay’, in base alle quali l’acquirente è tenuto a pagare il prezzo di quantità massima di gas indipendentemente dal suo ritiro.
L’Italia è uno degli Stati che dipendono maggiormente dal gas russo e nel 2020 la quota delle importazioni da Mosca era maggiore al 43%. Il timore è che la scelta di applicare nuove sanzioni, specie in determinati settori, possa incidere sul modo in cui la Russia gestisce i suoi flussi di gas, con conseguenze dirette sulla disponibilità di questa materia nonché sui prezzi, e quindi sulle bollette. La produzione interna dell'Italia copre solo il 4,4% del fabbisogno, a cui va aggiunto l'utilizzo di altre fonti come il gas naturale liquefatto (13,1%), ossia metano reso liquido tramite un processo di raffreddamento, trasportato via mare e in seguito rigassificato.
Come precisato a Bruxelles il 7 marzo dal Primo ministro italiano, Mario Draghi, prima dell’incontro con la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “l'Italia è al lavoro per ridurre in tempi rapidi la sua dipendenza dal gas russo”, adoperandosi ad esempio per rafforzare la cooperazione energetica con il Qatar.
L’incertezza legata agli scenari incerti ha già causato l’aumento vertiginoso del prezzo del gas, così come i prezzi di petrolio e grano. Il motivo di questo incremento è dovuto al fatto che le tensioni tra Mosca e Kiev potrebbero frenare le spedizioni dalla Russia e bloccare quelle ucraine dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali, il rischio di inflazioni su beni di consumo primario e l’emergere di carestie e tensioni sociali.
In questo contesto l’Italia, Paese strutturalmente deficitario, si troverebbe a subire notevoli costi economici. L’Ucraina è il secondo fornitore di mais per Roma, con una quota di poco superiore al 19% e garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano. Pertanto, il conflitto porterà a un inevitabile aumento dei prezzi di pane, pasta, biscotti e farine. A sua volta, la penuria di mais e dunque del mangime per gli animali potrebbe produrre un aumento del prezzo della carne, del latte e degli altri prodotti caseari.
Tra i prodotti non alimentari che subiranno un forte rincaro ci saranno i fertilizzanti, prodotti dal gas naturale. In più, la Russia è uno dei principali fornitori di materie prime industriali quali titanio, palladio, alluminio e nickel, mentre l'Ucraina è uno dei colli di bottiglia nel settore globale dei semiconduttori. Odessa, infatti, è la sede di una società chiamata Cryoin, che riveste un ruolo di primo piano nella produzione globale di semiconduttori. Cryoin produce gas neon, una sostanza usata per alimentare i laser che incidono i pattern nei chip dei computer. La società rifornisce aziende in Europa, Stati Uniti Giappone, Corea, Cina e Taiwan. Circa la metà del gas neon del mondo proviene dal paese e l’interruzione delle forniture potrebbe innescare un effetto domino con conseguenze a livello mondiale.
Criticità legate all’approvvigionamento scaturiscono anche dal caro carburante. Lo scorso 24 febbraio il governo ha comunicato lo stanziamento di 80 milioni di euro per allentare la tensione a seguito delle proteste degli autotrasportatori contro l’aumento del prezzo del carburante. Era stato il presidente delle Regioni Massimiliano Fedriga a chiedere un intervento urgente contro quei blocchi stradali che rischiavano di paralizzare le consegne, con l’inevitabile stop nella produzione di beni essenziali.

4. Conclusione: il ruolo della diplomazia italiana
Lo scorso 1º marzo la Camera ha dato il via libera alla risoluzione bipartisan sul conflitto in Ucraina con 520 voti favorevoli. La risoluzione è stata votata per parti, su alcune registrando l’unanimità ma su alcuni passaggi, come sul punto 3 relativo all’invio di mezzi militari, diversi voti contrari. La risoluzione nella mattinata era stata approvata anche dal Senato. Il testo era stato votato all’unanimità nella serata del 28 febbraio dalle forze di maggioranza e di opposizione.
«Attivare strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di utilizzo delle sorgenti di energia del Paese, e concorrendo alle decisioni dell’UE nella direzione dell’Unione dell’energia», si legge nel testo della risoluzione unitaria che impegna il governo ad «attivare le misure necessarie a preservare le infrastrutture strategiche del Paese da eventuali attacchi informatici o di altra natura, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nelle Relazioni del Copasir alle Camere».
Nelle comunicazioni alla Camera il premier Draghi ha annunciato che è in corso il trasferimento a Leopoli dell’ambasciata d’Italia a Kiev per continuare a svolgere le proprie funzioni, così come altre ambasciate già trasferitesi, che erano presenti a Kiev. Trasferimento legato al deterioramento della situazione di sicurezza a Kiev e della conseguente impossibilità di garantire una piena funzionalità.
Complessivamente, complice la pressoché irrilevante incidenza di Roma nei negoziati internazionali, la linea adottata dal governo presieduto da Mario Draghi è stata finora orientata alla cautela.
Il 6 marzo il governo russo ha pubblicato un elenco di paesi “ostili” che hanno commesso azioni contro la Russia, le sue aziende e i suoi cittadini. L'elenco, in cui è compresa l’Italia, coincide con tutti i paesi che hanno imposto delle sanzioni economiche alla Russia come risposta all'invasione dell'Ucraina voluta da Vladimir Putin.
A Roma dunque non resta che il naturale allineamento allo schieramento atlantico. Il peso marginale dell’Italia ai tavoli delle trattative è segnalato tanto più dalle parole di Draghi, il quale ha sottolineato come sia «necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all'Alleanza Atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora. Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati».
Una posizione meno netta rispetto a quella espressa da altri leader europei, tra i quali il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, nonostante i vari colloqui telefonici tra Draghi e Putin, in cui il Primo ministro italiano ha esortato il presidente russo ad allentare le tensioni per evitare uno scontro militare.
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Bibliografia
P. Batacchi, “Guerra in Ucraina, il ruolo dell’Italia”, Rivista italiana difesa, 24 febbraio 2022.
N. Cottone, “Ucraina, Draghi: «Non lasciamo che i confini dell’Europa si disegnino con la forza»”. Il Sole 24 Ore, 1° marzo 2022.
“Draghi, mantenere unità dell'Ue su energia e accoglienza ucraini”, Ansa, 7 marzo 2022.
S. Gandelli, “La Russia produce ogni anno 600-700 miliardi di m3 di gas – dove sono dirette le esportazioni”, Geopop, 3 marzo 2022.
S. Gandelli, “Le vie del Gas naturale in Italia: il metano Russo e i principali gasdotti per l’import”, Geopop, 24 febbraio 2022.
“Guerra in Ucraina e alimentare: a rischio forniture di mais, frumento e olio di semi”, Il Sole 24 Ore, 21 febbraio 2022.
“Guerra Ucraina-Russia, le possibili conseguenze per l'Italia”, SkyTg24, 24 febbraio 2022.
G. Pelosi, “Crisi Ucraina, dagli incursori agli alpini: ecco i 900 militari italiani inviati sul fronte Est della Nato”, Il Sole 24 Ore, 2 marzo 2022.
“La guerra in Ucraina potrebbe peggiorare la crisi dei microchip”, Wired, 2 marzo 2022.
“Quanto siamo dipendenti dal gas russo”, Il post, 27 gennaio 2022.
F. Sarzanini, “Bollette, gas, grano: le conseguenze della guerra in Ucraina per l’Italia”, Corriere, 25 febbraio 2022.
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