Media e peace-building in contesti di conflitto e post conflitto.
- 28 mag 2020
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 14 dic 2020
L'esempio della Repubblica Democratica del Congo
(di Elisa Chiara)

Introduzione
La radio è uno dei media più ampiamente utilizzati in Africa subsahariana, grazie alla sua elevata accessibilità, anche nelle zone più remote del continente, la possibilità di essere ascoltata anche dalle persone meno istruite e il suo basso costo.
Nei contesti rurali e urbani dei paesi in via di sviluppo, la radio ha assunto un ruolo importante di agente di cambiamento sociale, divenendo anche uno strumento di valutazione del livello delle libertà civili e politiche dei paesi. Questo è in particolare reso possibile grazie alla realizzazione di partenariati con ONG locali e internazionali, e qualche volta con le Nazioni Unite. Quello di Radio Okapi in Repubblica democratica del Congo, è un framework del tutto nuovo, che vede la co-creazione e la co-gestione da parte di una ONG internazionale e della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite in Congo; alcuni eventi che hanno riguardato l'esistenza di radio Okapi pongono tuttavia degli interrogativi in materia di indipendenza e neutralità dei media in contesti in cui gli stessi sono posti direttamente sotto il controllo statale. Quest'analisi parte da un inquadramento generale del ruolo delle radio in contesti di conflitto e post-conflitto, con un focus sulle missioni di pace dell'ONU, per poi passare allo studio del caso di Radio Okapi in Repubblica Democratica del Congo (RDC).
1. La radio e le ONG come agenti di cambiamento sociale
Secondo molti politologi e agenzie internazionali, la radio è fra tutti i media utilizzati nei paesi in via di sviluppo quello che meglio può condurre ad un cambiamento sociale, tramite il miglioramento delle libertà politiche e l'incremento dei livelli di democrazia. Questo è possibile in particolare quando gli organismi internazionali, aventi come mission principale lo sviluppo sociale, supportano i media locali in questo ruolo. Una corrente di esperti di media e sviluppo menziona le ONG come agenti principali del contrasto alla propaganda e ai conflitti, mentre un'altra corrente ne limita il ruolo ad un rafforzamento dell'operato dei media locali già esistenti e operativi in un determinato paese. Quest'ultima corrente prende spunto dalla teorica connotazione apolitica delle ONG, che riuscirebbero quindi a perseguire un obiettivo chiaramente politico attraverso la realizzazione di attività a carattere prevalentemente sociale.
2. Cenni sulle radio delle missioni di pace
Come parte integrante delle attività di peacekeeping dopo la guerra fredda, le Nazioni Unite hanno creato e gestito numerose radio locali, che sono diventate il punto di riferimento dell'informazione pubblica in numerosi contesti post-conflitto. Le nuove stazioni create hanno accompagnato e supportato la fine dei conflitti e reso possibili processi democratici stabili e imparziali, e per la prima volta hanno potuto raggiungere le zone più remote dei paesi trasmettendo nelle lingue nazionali più diffuse e riconosciute a livello nazionale.
Oggi, i due terzi delle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite sono concentrate in Africa. Il primo vero grande tentativo di creazione di una radio delle Nazioni Unite fu in Angola, a seguito della percezione dell'impatto positivo che avevano avuto i programmi radio delle Nazioni Unite in Namibia. Esempi successivi sono stati la Liberia, la Costa d'Avorio e la Sierra Leone, che sono state il focus delle operazioni di peacekeeping degli ultimi vent'anni; un altro esempio è il Sudan, in cui le Nazioni Unite ottennero direttamente dallo stato l'autorizzazione a creare una radio nazionale indipendente. Anche in Sierra Leone, nel 2009, il parlamento votò un progetto di legge che avrebbe convertito un'emissione locale spiccatamente statale in un servizio di trasmissione pubblica, il tutto con il supporto delle Nazioni Unite.
3. Caso studio: Radio Okapi in RDC
3.1 Sul contesto socio-politico della RDC
La RDC ha conquistato la sua indipendenza dal Belgio il 30 giugno 1960, ma sin da quel giorno il Paese è stato tormentato da aspri conflitti interni.
Il passato più recente, quello degli anni '90, fu particolarmente connotato da sangue e avversità: infatti dalla metà degli anni '90, la RDC è stata teatro di tensioni etniche e politiche culminate nella guerra civile; tra il 1996 e il 1997 una ribellione armata guidata dall'AFDL (Alliance des forces démocratiques pour la libération du Congo), appoggiata dal Ruanda e dall’Uganda, riuscì a rovesciare il Presidente Mobutu Sese Keto, instaurando un nuovo governo.
Tale contesto interno fu anche inasprito da un afflusso massiccio di rifugiati provenienti dai conflitti dei confinanti Ruanda e Burundi.
Nel 1997 il governo del presidente Mobutu Sese Keto fu sovvertito da una ribellione condotta da Laurent Kabila, regime poi sfidato nel 1998 dall'ennesimo conflitto, noto come Prima guerra mondiale africana, che ha coinvolto attivamente Zimbabwe, Angola, Namibia, Chad e Sudan, tutti intervenuti al fianco del regime di Kinshasa. Nel 1999 un cessate il fuoco fu stabilito, ma le ripetute ribellioni civili continuarono a martoriare il paese. Laurent Kabila fu assassinato nel 2001 e suo figlio Joseph fu nominato alla testa dello stato dieci giorni dopo. Nell'ottobre del 2002, il presidente scacciò le truppe ruandesi dall'est del Congo e due mesi dopo tutti le parti segnarono un accordo di pace e un governo di unità nazionale. Nel 2006 ci furono le prime elezioni democratiche in quarant'anni di vita del paese.
La guerra successiva esplose subito dopo le elezioni del 2006. Dopo un primo accordo di cessazione delle ostilità tra il governo e il CNDP (Congrès national pour la défense du peuple) nel 2009, nel 2012 una nuova forza di opposizione, il cosiddetto M23, lamentando il ritardo nell' implementazione governativa degli accordi di pace, avviò a sua volta un’azione armata contro il governo congolese.
In un paese di 70 milioni di abitanti e più di 200 gruppi etnici, al conflitto si sono affiancate terribili tensioni etniche, in particolare nelle regioni del Kivu, dell'Ituri e del Katanga.
3.2 Lo stato dei media in RDC
Lo stato dei media in RDC non è altro che il riflesso della politica interna che lo ha contraddistinto. Nel corso di tutta la storia coloniale, i principali media sono stati controllati dallo stato; storicamente utilizzati come strumento di propaganda, al fine di assicurare lealtà e supporto alle colonie durante la Seconda guerra mondiale, i media nazionali hanno negli ultimi 40 anni dominato e controllato il dibattito pubblico congolese.
Ne è un esempio il giornale la Voix du Congo che era, prima della creazione di Radio Okapi, il media che raggiungeva il più alto numero di congolesi. Di proprietà del presidente Mobutu, il giornale toglieva chiaramente spazio alla visibilità dei gruppi di opposizione, che si trovavano nella difficoltà di avere accesso a radio alternative. Nel 1990, la liberalizzazione dei media venne decretata dopo lunghi anni di monopolio; questa fase vide l'emergere di media privati e il fiorire delle ONG come istituzione votata alla ricostruzione democratica.
Durante le elezioni del 2006, 7 dei 33 candidati alle elezioni presidenziali possedevano la loro stazione radio e il loro canale televisivo, esempio seguito dai candidati alle elezioni legislative che ne crearono l'equivalente nelle loro località di origine.
3.3 Radio Okapi come best practice
Radio Okapi è nata nel Febbraio del 2002, per mezzo di un progetto congiunto della MONUSCO (la missione delle Nazioni Unite in Congo) e la Fondazione Hirondelle, una ONG svizzera. Okapi è il nome di un mammifero in via di estinzione della stessa famiglia delle giraffe, che è considerato come simbolo nazionale della pace proprio perché il suo nome è lo stesso in tutte le lingue nazionali della RDC.
Radio Okapi trasmette infatti nelle cinque nazionali (Francese, Lingala, Swahili, Tshiluba e Kikongo) e la scelta della pluralità linguistica è uno degli aspetti cruciali, essendo essa legata alla questione dell'appartenenza culturale: l'opzione dell'utilizzo di una lingua a discapito delle altre potrebbe trasmettere all'ascoltatore un messaggio di promozione e salvaguardia di una cultura e di esclusione delle altre, e quindi risvegliare antiche rivalità.
Okapi è l'unica radio ad avere copertura su tutti il territorio congolese, grazie ad un budget senza eguali che le è dedicato. Nel 2019 ha contato 120 impiegati di cui il 90% congolesi, ma la direzione della radio e dei programmi sono assicurati da responsabili espatriati della Fondazione Hirondelle sotto la supervisione tecnica della Monusco.
Radio Okapi presenta una particolarità essenziale: riunisce in una singola voce tutte le parti in potenziale conflitto, cercando di trasmettere un messaggio positivo agli utenti: la necessità di rinunciare alle armi, per riflettere su come lasciarsi la guerra alle spalle. In questo senso, Radio Okapi ha un ruolo realmente differente rispetto alle radio create nell'ambito di altre missioni delle Nazioni unite. Pensiamo alla missione UNPROFOR in Jugoslavia, dove il ruolo della radio era quello di realizzare un'informazione pubblica esclusiva sul mandato della missione.
Radio Okapi può quindi essere definita a tutti gli effetti come un'istituzione che si occupa di sviluppo sociale, e questo essenzialmente per due motivi:
Oltre alle Nazioni Unite, essa vede la presenza fondamentale di una ONG (la Fondazione Hirondelle) che ha come mandato proprio quelli di creare un dialogo politico stabile e variegato nei contesti di conflitto;
Una buona parte dei programmi della radio è dedicata a tematiche quali educazione, salute, diritti umani, cultura e musica.
Nel 2010, Radio Okapi ha ricevuto il premio “Pioniere dei media liberi” consegnato dall'International press Institute.
3.4 MONUSCO e Radio Okapi: problematiche dell'indipendenza
Creata tramite la Risoluzione 1258 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 6 agosto 1999, l'allora MONUC (la Missione di peacekeeping in Congo) aveva come obiettivo quello di supportare il governo congolese nel mantenimento dell'ordine e della protezione dei civili, attraverso la creazione progressiva delle istituzioni democratiche che avrebbero guidato la transizione. D'intesa con il governo, la MONUC ebbe fin da subito il compito di installare in Congo una radio, che avrebbe avuto compiti di informazione sulla situazione umanitaria locale, con ovviamente un accenno al mandato della missione.
Per comprendere dubbi e perplessità sulla reale indipendenza di Radio Okapi, dubbi che dividono gli esperti di media in contesti di conflitto, occorre soffermarsi su alcuni aspetti:
1. Radio Okapi è un media che non ha né precedenti né eguali in Congo: una delle ragioni è probabilmente il fatto che è interamente finanziata da donatori stranieri: i costi annuali delle operazioni si aggirano intorno ai 14 milioni di dollari; a questi, le Nazioni Unite provvedono per un totale di 9 milioni di dollari. La contribuzione delle Nazioni Unite, che riguarda fra gli altri anche il pagamento diretto di almeno un centinaio di dipendenti della radio, oscilla tra gli 8 e i 10 milioni di dollari all'anno. Per quanto riguarda la Fondazione Hirondelle, i fondi provengono principalmente dall'Unione Europea, e sono destinati anch'essi a coprire le spese di un organico di circa 100 giornalisti. Ancora, la MONUSCO è di gran lunga la più costosa missione di mantenimento della pace, con un budget di 1.141.848.100 dollari americani nel 2017-2018.
2. L'assetto manageriale della radio è frutto di un compromesso tra la Fondazione Hirondelle e le Nazioni Unite: dato che le contribuzioni della Fondazione Hirondelle riguardavano anche la gestione, l'accordo fra le due realtà prevedeva che i responsabili definiscano annualmente la linea editoriale (sul quale però l'ultimo controllo è effettuato dal Dipartimento di pubblica informazione della MONUSCO con la supervisione del Rappresentante speciale del segretario delle Nazioni Unite). E nel caso di discordanza editoriale tra la Monuc e la fondazione Hirondelle, il protocollo di accordo prevedeva che siano le Nazioni Unite a prevalere.
3. L'ago della bilancia ha sempre pesato di più in favore delle Nazioni Unite: considerando anche che nel 2014 la Fondazione Hirondelle ha di fatto abbandonato la barca della gestione diretta di Radio Okapi, si può facilmente capire come la vicinanza delle Nazioni Unite al governo congolese e la predominanza del budget onusiano rispetto a quello dell'ente no profit si ponga problematica quando si tratti di effettuare un reporting critico nei confronti dell'operato statale. Al fine di confermare questa visione, accenniamo a due casi emblematici: 1)l'intervista fatta da Radio Okapi a Jean Pierre Bemba, ex vice presidente e candidato sconfitto alle presidenziali del 2006, 2) la denuncia di violenze e abusi sessuali sui civili da parte delle forze armate congolesi, che avrebbero riguardato anche il personale delle Nazioni Unite impegnato nelle missioni di peacekeeping. Nel primo caso, le Nazioni Unite intimarono a Radio Okapi di sopprimere alcune parti dell'intervista, di fronte alla minaccia che questa avrebbe rappresentato per la stabilità elettorale del paese (confermata poi dal fatto che, perdente alle elezioni, Bemba incitò ribellioni che culminarono in sanguinose proteste); nel secondo caso, le Nazioni Unite vietarono indirettamente a Radio Okapi di riportare i fatti così come appresi.
4. Altri avvenimenti interni alquanto critici lasciano ben poco a sperare circa la totale indipendenza di Radio Okapi: il 13 giugno 2007, nella città di Bukavu (est del Congo), un giornalista congolese di Radio Okapi fu assassinato mentre stava parlando con dei colleghi dalla sua macchina UN. 17 mesi dopo, il 21 novembre 2008, un altro giornalista della radio fu assassinato, sempre a Bukavu. Questi avvenimenti scioccarono la missione dell'ONU in Congo, e furono condannati dallo stesso ufficio del segretario generale a New York. Non è però un caso che entrambi gli omicidi abbiano riguardato giornalisti con pluriennale esperienza alla radio: è evidente che furono due tentativi di intimidazione di un media che aveva avuto il coraggio di denunciare corruzione, intrighi politici, e continui atti di violenza sui civili da parte del governo.
Conclusioni
Quest'analisi conferma che Radio Okapi è davvero uno dei primi esempi di radio democratica in Congo, che riunisce in una sola voce le aspettative e i progetti di milioni di congolesi. Il suo successo non è dovuto solamente al budget da capogiro che le è dedicato, ma anche e soprattutto alla diversità di argomenti che vengono affrontati quotidianamente e alla sua capacità di raggiungere i segmenti della popolazione che altrimenti sarebbero ignari di ciò che succede in capitale. Tuttavia, la presenza delle Nazioni Unite come fondatrici è un'arma a doppio taglio, perché si dimostra essere necessaria e allo stesso tempo minacciosa per la credibilità di radio Okapi. Quale potrebbe essere un possibile futuro della radio della giraffa? Secondo taluni, lo scenario più attendibile sarebbe che radio Okapi si trasformasse a tutti gli effetti in un media no-partisan e no profit, indipendente dalle missioni di peacekeeping e per il quale il governo si impegnerebbe ad assicurare un supporto logistico materiale aderendo al principio di non interferenza sui contenuti. Secondo altri, la strada più percorribile sarebbe trasformarla in una radio commerciale, ma questo la renderebbe una radio comune, che risentirebbe della concorrenza delle altre radio commerciali ampiamente diffuse nel paese.
Bibliografia
Michelle Betz, Radio as a peacebuilder: a case study of Radio Okapi in the Democratic Republic of Congo University of Central Florida, in “The Great Lakes Research Journal Vol. 1 December 2004”.
Marie Renée Faye, Le rôle du financement de la Monusco sur l’autonomie journalistique à Radio Okapi, Thèse de doctorat, Département de Communication Faculté des Arts Université d’Ottawa, Septembre 2019.
Bill Orme, Les émissions de radio de l'Onu: le passé vague et le futur uncertain des radios pour le maintien de la paix, Center for International Media Assistance (CIMA), 2010.
Sitografia
http://www.conflittidimenticati.it/conflitti_dimenticati/conflitti_nel_mondo/00004090_Repubblica_Democratica_del_Congo.html
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