Cosa succede nel mondo? 10 ottobre-16 ottobre 2020
- 16 ott 2020
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MENA

YEMEN – Questa settimana i ribelli Houthi e il governo internazionalmente riconosciuto, ormai in guerra da cinque anni e mezzo, hanno avviato un’operazione per il rilascio di almeno mille prigionieri, nel quadro di un accordo raggiunto sotto l’egida delle Nazioni Unite in occasione dei negoziati di Montreux del mese scorso. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, che si occupa direttamente di operare i voli per riportare a casa i prigionieri, ha definito questo scambio di prigionieri “il più vasto dall’inizio del conflitto”. Si tratta del primo segno di progresso nel processo di pace che, si spera, potrà portare alla conclusione di questo conflitto sanguinoso.

ISRAELE – Decine di migliaia di persone hanno partecipato alle proteste che si sono svolte questa settimana in Israele e hanno interessato centinaia di località. Le proteste sono rivolte contro il Primo ministro Benjamin Netanyahu e la possibile estensione delle misure speciali di emergenza. Lo scorso 30 settembre, infatti, la Knesset aveva approvato una legge che consente al governo di limitare la partecipazione pubblica alle proteste durante il lockdown. La legge era stata interpretata da parte dell’opinione pubblica come il tentativo di limitare le critiche nei confronti di Netanyahu. Le proteste si sono rivelate efficaci: il governo israeliano ha infatti annunciato che le misure speciali non saranno rinnovate.
ESTREMO ORIENTE

THAILANDIA – Si fa sempre più tesa la situazione nel “paese dei sorrisi”. Nella capitale Bangokok, il governo ha imposto lo stato di emergenza per bloccare le manifestazioni dei giovani che da mesi chiedono una riforma strutturale della monarchia. La decisione comporta il divieto di riunione per più di quattro persone. È vietata, inoltre, la pubblicazione di notizie in grado di creare paura e compromettere la sicurezza nazionale. Da giovedì, quando lo stato di emergenza è cominciato, sono state già arrestate almeno 20 persone.

INDIA – Mehbooba Mufti, ex primo ministro del Jammu e Kashmir, è stata liberata dopo 14 mesi di detenzione. Era stata arrestata insieme ad altri leader politici dopo che, nell’agosto 2019, il governo di Nova Deli aveva deciso di abrogare l’articolo 370 della Costituzione indiana, che fino a quel momento aveva reso possibile lo statuto speciale dello stato federato. Il primo ministro indiano Narendra Modi aveva giustificato la decisione con la necessità di procedere ad una maggiore integrazione del territorio, abitato da una popolazione a maggioranza musulmana, nel resto del Paese.
AFRICA

NIGERIA – Milioni di persone sono scese in strada per protestare contro l’introduzione di un nuovo settore della polizia in sostituzione dell’agenza smantellata in seguito alle denunce in merito alla violazione dei diritti umani. I manifestanti chiedono la fine della brutalità della polizia. La protesta continua su Twitter, con l’hashtag #EndSWAT.
EUROPA

NORVEGIA – Il ministro degli esteri norvegese, Ine Eriksen Søreide, ha accusato la Russia di essere responsabile di un attacco informatico al sistema e-mail del parlamento norvegese. Il governo norvegese, in un comunicato pubblicato sul proprio sito, ha definito l’attacco – che sarebbe avvenuto ad agosto – “un incidente molto serio, che ha colpito l’istituzione democratica più importante” del Paese scandinavo.
NORD AMERICA

USA – In un video-messaggio, l’ex presidente Barack Obama si è rivolto agli americani sottolineando l’importanza di votare perché “in questa elezione c’è tanto in gioco: la necessità di controllare la pandemia, costruire un’economia più giusta, affrontare le sfide del cambiamento climatico e proteggere il sistema sanitario”. Obama ha sottolineato come ciascuno possa fare la differenza per cambiare direzione, è proprio questo il potere del voto di ogni persona.
AMERICA LATINA

COLOMBIA – Carlos Ruiz Massieu, inviato speciale delle Nazioni Unite in Colombia, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza, in occasione dell’udienza di mercoledì, di incrementare la protezione degli ex combattenti. Dalla conclusione degli accordi di pace, nel 2016, le uccisioni e gli atti di violenza contro coloro che hanno deciso di abbandonare le armi sono aumentati notevolmente. La missione politica delle Nazioni Unite in Colombia ha accertato l’uccisione di 19 ex combattenti delle FARC tra luglio e settembre.
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