La Cooperazione allo sviluppo e le relazioni italo-tunisine prima e dopo la crisi pandemica
- Leonardo Giansanti
- 20 giu 2021
- Tempo di lettura: 10 min
Aggiornamento: 4 set 2021
Le iniziative della Regione Umbria e dell'ONG perugina “TAMAT”

1. Abstract
A dieci anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini[1], le condizioni economiche e socio-politiche che nel 2011 spinsero il popolo tunisino a innescare la prima tra le “Primavere Arabe” appaiono oltremodo peggiorate. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo la pandemia da COVID 19 ha determinato il deterioramento di una situazione economica già precaria[2], rendendo manifeste le difficoltà della politica di fornire risposte adeguate[3], fertilizzando il terreno per l’emorragia di proteste[4] e incrementando il rischio di derive estremiste, le varianti più aggressive del virus dell’infelicità.
2. Le promesse mancate di ‘crescita’ e ‘lavoro’ nelle parole di Lorenzo Fanara, Ambasciatore italiano a Tunisi.
Lo scorso mese di gennaio, nell'ambito del ciclo di eventi del laboratorio “Perugia globale. Incontri dell'Italia internazionale"[5], promosso dall’Università per stranieri di Perugia, l’ex Vice Ministro degli Affari Esteri Mario Giro e il Professore Emidio Diodato hanno dialogato con l’Ambasciatore italiano a Tunisi, Lorenzo Fanara.
Invitato inizialmente a delineare una sintesi dei risultati raggiunti dalla Tunisia nell’ultimo decennio, Lorenzo Fanara enfatizza l’autenticità di un processo di transizione, lento ma ininterrotto, verso la democrazia[6]:
«La Tunisia, soprattutto se comparata con il resto del mondo arabo, rappresenta oggi un’eccezione democratica» fa notare l’Ambasciatore. Un Paese rispettoso dei diritti civili e politici fondamentali, inclusivo nei confronti delle donne ed equipaggiato con gli strumenti della democrazia partecipativa.
«In Tunisia i sondaggi vengono fatti e riescono a cristallizzare (…) il sentimento popolare» continua il diplomatico italiano, che aggiunge infine come le elezioni in Tunisia siano libere e le successioni di potere verificatesi negli ultimi anni, sia a livello municipale che nazionale, svoltesi in modo complessivamente regolare e pacifico.

Se dunque la Tunisia rappresenta un’autentica eccezione democratica, non rimane che da chiedersi cosa non abbia finora funzionato, dove risiedano cioè le criticità che ancora oggi, esattamente come dieci anni fa, inducono i tunisini a protestare nelle piazze e lungo le strade dei principali centri urbani.
L’Ambasciatore Fanara, citando un sondaggio svolto su un campione di circa duemila tunisini dalla società Sigma Surveys, individua due risposte essenziali: la prima causa dello scontento popolare e del conseguente fermento sociale andrebbe individuata nella generalizzata frustrazione del cittadino medio, derivante dall’assenza del dato di convergenza socio-economico, a sua volta conseguenza dell’incapacità della politica tunisina di riformare in senso liberale un’economia poco competitiva e poco performante[7].
La seconda andrebbe invece ricercata nell’incapacità dei governi tunisini di offrire risposte efficaci alla corruzione, garantendo al contempo maggiore uguaglianza e giustizia sociale.

3. I settori di principale interesse per le relazioni economiche italo-tunisine.
Una volta esposti i risultati - non certo incoraggianti - del sondaggio menzionato, Lorenzo Fanara invita a «non cedere a sentimenti di rassegnazione o di pessimismo passivo» bensì ad investire nell’economia tunisina, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili: giovani, disoccupati e popolazione dell’entroterra.
A conclusione del suo intervento e dopo aver ribadito che il consolidamento della democrazia tunisina rimane ostaggio del miglioramento delle condizioni economiche, il diplomatico italiano passa ad indicare puntualmente i settori nei quali la cooperazione può estrinsecare al meglio le sue potenzialità:
agricoltura
alimentare
energie rinnovabili
digitale
piccoli macchinari
zootecnica
Le parole dell’Ambasciatore Fanara invitano dunque l’Italia a prendere piena coscienza dei propri interessi strategici e dei mezzi idonei a garantirne la tutela. Se, da un lato, il contrasto alla povertà estrema, la lotta alle disuguaglianze e la diminuzione della disoccupazione strutturale (soprattutto giovanile) sono obiettivi prioritari per prevenire le conseguenze venefiche di un vicino instabile, dall’altro i diversi canali in cui si articola la cooperazione allo sviluppo (nazionali, regionali e locali) sono chiamati a svolgere un compito imprescindibile per la stabilità delle future relazioni italo-tunisine.
4. La Regione Umbria e il sostegno alle PMI tunisine.
Con riferimento alle intese “regionali”, il Programma di aiuto e sostegno al settore privato tunisino che, a partire dal 2017, ha visto coinvolte la Regione Umbria e una serie di governatorati tunisini[8], costituisce un esempio virtuoso di cooperazione tecnica.
Il programma di cooperazione, dal costo totale di 784,000 euro (totalmente finanziato con i fondi DGCS-MAECI) e gestito dalla società Sviluppumbria SpA (capofila)[9], aveva come obiettivo il rafforzamento della capacità di sostegno alle piccole e medie imprese tunisine, attraverso un’intensa attività di formazione nonché attraverso l’impiego di strumenti tecnici e finanziari in grado di incentivare la creazione di nuove realtà imprenditoriali.
La Regione Umbria, più precisamente, ha messo a disposizione del governo tunisino la propria esperienza in materia di pianificazione e gestione degli strumenti pubblici a supporto del settore delle PMI. Particolare importanza è stata inoltre attribuita nel progetto al miglioramento delle condizioni per l’imprenditoria giovanile e femminile e al miglioramento delle condizioni per la creazione di spin-off e di start-up nei settori più innovativi.

5. Il ruolo di TAMAT in Tunisia: I progetti “SELMA” E “BERBERINA”
Sul versante delle iniziative che promanano dalla società civile, colpiscono, per intelligenza e concretezza, le iniziative dell’ONG perugina TAMAT. Creata nel 1995 e accreditata come ONG presso il Ministero degli Esteri fin dal 2007, TAMAT si occupa di sviluppo rurale, lotta al cambiamento climatico, sostegno a micro-imprese, formazione, assistenza tecnica e internazionalizzazione d’impresa.
In Tunisia essa si avvale delle competenze nei settori agricolo e zootecnico dell’Università di Perugia per la realizzazione di due progetti: “Berberina in Tunisia” e “Selma”, dove la Capofila è l’ONG Arci Culture Solidali (ARCS).
“Berberina in Tunisia” è un progetto triennale di cooperazione, co-finanziato dall'AICS nel settore zootecnico iniziato nel 2018 e che, attraverso la creazione di una struttura cooperativa collettiva per 50 giovani allevatori (25 uomini e 25 donne), mira alla razionalizzazione della filiera dell’agnello di razza berberina autoctona, dall’allevamento alla macellazione[10].
Il progetto "Selma", avviato nel dicembre 2019 e co-finanziato dall’AICS, mira invece a sostenere l'agricoltura locale, la micro-imprenditorialità e la formazione con l'obiettivo di creare opportunità occupazionali per i giovani nei settori dell'agro-ecologia e della sicurezza alimentare[11].
Le iniziative di TAMAT si pongono come obiettivi il contrasto alla povertà estrema e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, specie nelle aree rurali, attraverso la diffusione del micro-credito e la condivisione di conoscenze tecnico-scientifiche. Anche in questo caso particolare importanza è attribuita nelle schede-progetto all’emancipazione e all’empowerment femminile, in un’ottica di contrasto alle disuguaglianze e di sviluppo nazionale e internazionale della Tunisia [12].

6. L’impatto del Covid sui progetti di TAMAT.
Nelle scorse settimane alcuni cooperanti di TAMAT hanno parlato con AMIStaDes delle difficoltà che i progetti Selma e Berberina stanno incontrando in Tunisia.
Il Covid-19 ha esacerbato infatti le problematiche preesistenti, creando al contempo nuovi e ulteriori ostacoli alla cooperazione italo-tunisina.
I nostri interlocutori sottolineano, in particolare, come l’impossibilità di condurre rilevamenti e ispezioni sul campo, unita alla necessità di interrompere le attività di formazione, abbiano condotto ad un notevole rallentamento nell’implementazione dei progetti nei mesi compresi tra marzo 2020 e marzo 2021, rendendo inevitabili modifiche progettuali e proroghe extra-contrattuali.
7. L’Italia e la cooperazione allo sviluppo: le risposte alla crisi pandemica.
Già nel marzo del 2020, in concomitanza con l’esplosione nel nostro paese della pandemia, l'Italia, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, aveva concesso un prestito di 50 milioni di euro nella forma di credito d’aiuto alla Banca Centrale Tunisina, vincolando tale importo al sostegno del mondo imprenditoriale. Secondo AICS-Tunisi, questo credito avrebbe rappresentato “un primo passo nell'affrontare il COVID19", ribadendo l’impegno dell’Italia e della Tunisia ad affrontare insieme un evento senza precedenti.
Con la delibera n. 39 del 12 giugno 2020, in secondo luogo, il Comitato Congiunto per la Cooperazione allo Sviluppo, istituito presso il MAECI, ha dato vita al “Fondo COVID-19 per le iniziative promosse dalle Organizzazioni della Società Civile in corso al 23 febbraio 2020” con una dotazione di 13 milioni di euro per l’anno 2020.
La decisione di procedere verso un ulteriore incremento delle risorse da destinare alla cooperazione allo sviluppo era stata peraltro rimarcata anche dall’ex-Premier Giuseppe Conte il quale, rispondendo tramite una lettera alle sollecitazioni provenienti dall’Associazione delle ONG italiane (AOI), aveva ribadito la centralità della cooperazione allo sviluppo nell’azione esterna dell’Italia[13].
Tuttavia, esponenti del mondo dell’associazionismo e delle OCS lamentano oggi una certa discrepanza tra quanto promesso e quanto effettivamente preventivato nell’ultima legge di bilancio (Legge n. 178 del 2020)[14]. In particolare, le previsioni di spesa per il settore della cooperazione mostrano come l’Italia si stia allontanando dagli impegni presi in sede internazionale per arrivare nel 2030 allo 0,70% nel rapporto tra Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) e il reddito nazionale lordo (PIL).

8. Conclusioni
Unico tra i Paesi attraversati dal fenomeno delle Primavere ad aver imboccato una strada virtuosa, di autentica transizione democratica, la Tunisia rappresenta un “valore da proteggere”.
Sostenere la Tunisia, investendo nella sua economia e garantendo appoggio politico e diplomatico (anche successivamente alla stabilizzazione del contesto libico) dovrebbe costituire pertanto un imperativo per l’Italia come per l’Unione Europea.
Al fine di prevenire le conseguenze nefaste dell’instabilità della vicina Tunisia, è fondamentale, tanto da un punto di vista etico che strategico, che il governo Draghi ribadisca con i fatti l’impegno a sostenere, politicamente e finanziariamente, il settore della cooperazione allo sviluppo, ad esempio riallineando, con i prossimi decreti e nelle Leggi di Bilancio del 2022 e del 2023, il budget dell’APS italiano agli impegni internazionali per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e promuovendo la partecipazione dell’Italia nel coordinamento e nella gestione di iniziative di cooperazione nell’Unione Europea.
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NOTE
[1] Il 17 dicembre 2010, nella città tunisina di Sidi Bouazid, epicentro nell’omonimo governatorato, un giovane venditore ambulante, Mohamed Tarek Bouazizi, esasperato dall’ennesimo sequestro della propria bancarella, si dava fuoco in pieno giorno innescando quella che viene solitamente celebrata come la prima tra le “Primavere Arabe”. A spingere i tunisini ad inneggiare all’Isqāṭ an-niẓām (“la caduta del regime”) era stata la prospettiva di conquistare la karama (“dignità”لكرام). Si tratta di un concetto dal perimetro nebuloso e perciò tale da potersi considerare comprensivo tanto delle richieste di libertà democratiche e di giustizia sociale così come delle aspirazioni verso un’accettabile crescita economica ed occupazionale. [2] Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’economia del Paese si è contratta nel corso dell’anno passato di una cifra compresa tra il 7 e il 9%. Per il 2021 i dati forniti dalla Banca Mondiale (WB) prevedono una crescita del Pil del 6% ma il rimbalzo non sembra potersi protrarre anche negli anni successivi. Sempre secondo le stime della WB, infatti, la crescita economica tunisina tornerà al di sotto del 3% almeno fino al 2025 (16-mpo-am20-tunisia-tun-kcm.pdf (worldbank.org). [3] Per far fronte al rallentamento dell’economia, nel corso del 2020 il governo tunisino ha dovuto mettere in campo risorse finanziarie aggiuntive a quelle inizialmente preventivate. Tale scelta ha fatto lievitare il deficit di bilancio all’11,5% e il debito pubblico al 90% del PIL. Quanto al tema della lotta alla disoccupazione, la principale riposta del governo tunisino è consistita in un aumento vertiginoso delle dimensioni del settore pubblico. L’aumento della massa salariale dei lavoratori pubblici, oltre a contribuire alla crescita del debito, ha finito per drenare le risorse lontano dalle categorie più vulnerabili. [4] MIDDLE EAST EYE, Thierry Bresillon (2021): Tunisia: This wave of violence is a political uprising | Middle East Eye. [5] L’evento, promosso dall’Università per Stranieri di Perugia all’interno del corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali, è disponibile sul sito dell’Università per Stranieri di Perugia, al seguente link: A dieci anni dalle primavere arabe. Il caso della Tunisia | Università per Stranieri di Perugia (unistrapg.it). [6] Una democrazia ancora certamente fragile e in via di consolidamento ma comunque funzionante e legittimata, a testimonianza di come democrazia e Islam non costituiscano necessariamente due realtà irreconciliabili. [7] “Quando si chiede ora, dopo dieci anni, quali erano i principali obiettivi della rivoluzione, il 56% dei cittadini tunisini risponde: il lavoro (…) E quando si chiede allo stesso cittadino se gli obiettivi della rivoluzione sono stati raggiunti, una buona metà dichiara che questi non sono stati raggiunti (…). E ancora “L’85 % dei tunisini percepisce un peggioramento della situazione economica del Paese” (il corsivo nel testo è estratto dall’intervista all’Ambasciatore Fanara). [8] Bizerte, Nabeul, Zaghaouan, Gabes, Tozeur, Kebili, Medenine, Tatouinedi e Città di Tunisi. [9] Oltre alla capofila, il progetto raggruppa il Servizio Affari Europei e Relazioni Internazionali della Regione Umbria, Umbria Export, Confindustria Umbria e Sistemi Formativi Confindustria Umbria (SFCU). In Tunisia i partner del programma sono invece costituiti dal Ministero dell’Industria e dell’Energia Tunisino e dalla Comete Engineering, società di consulting ed engineering con sede a Tunisi che si è aggiudicata nel 2016 la procedura di gara indetta dal Governo tunisino per rafforzare il sistema di supporto alle piccole e medie imprese e alle start up tunisine (aebdb664-14ff-4e17-ae17-302a45ba5bd7 (regione.umbria.it)). [10] Avviato nel Luglio 2018 il progetto “Barberina in Tunisia” è co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (budget di 2 milioni e 700 mila euro). Vi partecipano in qualità di partner la Green University Tunis e il Ministero dell’Agricoltura Tunisino. Maggiori informazioni sui donors, i partner e le attività di Tamat sono reperibili sul sito dell’ONG (BERBERINA IN TUNISIA – Tamat NGO ). [11] Partner del progetto “Selma”, oltre a TAMAT e ARCS, sono l’Union Nationale de la Femme Tunisienne (UNFT), il Commissariat Regional au Développement Agricole (CRDA) di Ben Arous, la Federazione Nazionale delle Municipalità Tunisine (FNVT), Legambiente e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) – sezione Toscana. Una scheda dettagliata del progetto è disponibile al seguente link: SELMA – TUNISIA – Tamat NGO. [12] In una recente intervista riportata da La Presse.tn, Alberto Sciortino, Segretario Generale di ARCS in Tunisia, ha enfatizzato l’importanza dell’emancipazione e dell’empowerment femminile: "Siamo qui per contribuire a ridurre il tasso di disoccupazione sviluppando sessioni di formazione che consentano alle giovani donne di offrire iniziative imprenditoriali nel campo della produzione agricola. Il nostro ruolo è quello di promuovere prodotti locali naturali e sani in questa regione svantaggiata” (Coopération tuniso-italienne | Projet «Selma» : Soutenir les jeunes femmes rurales | La Presse de Tunisie). Dal canto suo la Presidente dell’Unft, Radhia Jerbi, ha rimarcato che l’obiettivo del progetto Selma sia quello di “integrare le donne nel settore agricolo per lo sviluppo nazionale e internazionale, garantendo al contempo la lotta contro le disuguaglianze. Questo progetto permetterà di formare più di 400 giovani donne e uomini e consentirà la creazione di una piattaforma digitale per creare un mercato virtuale in cui le imprenditrici possano commercializzare i loro prodotti da remoto e avere un'emancipazione finanziaria” (Coopération tuniso-italienne | Projet «Selma» : Soutenir les jeunes femmes rurales | La Presse de Tunisie ). [13] Nelle lettera di risposta ad AOI, l’allora Premier Conte presentava un progetto in tre punti: lo sblocco dei bandi di emergenza per un valore di 23 milioni di euro, la costituzione del 'Fondo Covid-19", che avrebbe stanziato fino a 13 milioni di euro per coprire i maggiori costi derivanti dalla pandemia, l'adozione da parte del Comitato congiunto della cooperazione allo sviluppo di nuove procedure amministrative per disciplinare in modo organico e innovativo la concessione di contributi e la gestione delle iniziative di cooperazione. [14] Secondo Nino Sergi, presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007, “la cooperazione per lo sviluppo sostenibile e i rapporti e partenariati internazionali che ne derivano a beneficio reciproco non siano ancora entrati realmente tra le priorità politiche ma si siano fermati a nobili affermazioni di principio, da scrivere sui documenti e da pronunciare nei solenni discorsi, ma ormai senza seguiti concreti (LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO NELLA LEGGE DI BILANCIO 2021-2023 - Nino Sergi (nino-sergi.it) . In relazione alla presunta mancanza di visione delle forze politiche italiane con riferimento al settore della Cooperazione allo sviluppo si veda anche: “Le Ong a Draghi: dare più valore alla Cooperazione internazionale non è solo una scelta etica, è soprattutto strategica - la Repubblica”.
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