Cina e spazio: il primo modulo della stazione spaziale Tiangong è in orbita
- Stefano Dossi
- 23 mag 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 4 set 2021

1. Introduzione
Alle ore 5:23 (CET) di giovedì 29 aprile, il razzo Chángzhēng 5B (Lunga Marcia 5B) – in onore della lunghissima marcia di ritirata dell’armata del Partito comunista cinese dopo l’accerchiamento da parte delle truppe di Chang Kai-shek nel 1934 – squarciava il cielo del centro spaziale di Wenchang portando in orbita il primo modulo della nuovissima stazione spaziale cinese, Tiangong 3 (Tempio del cielo). Il dispositivo costituirà la parte centrale della stazione, alla quale saranno poi attaccati diversi altri moduli. La Cina si è già dichiarata aperta a utilizzare questa piattaforma extra-atmosferica per la cooperazione internazionale in campo scientifico. Con la Stazione Spaziale internazionale in fase di pre-pensionamento (nel 2024 il progetto internazionale dovrebbe esaurirsi), è lecito chiedersi che scenari possano aprirsi.
2. Un “late-bloomer” che impara in fretta
Se pensiamo alla politica spaziale cinese oggi, ci sembra che il paese del Dragone sia “nel business” da molto tempo: il lancio di una missione indipendente verso Marte a luglio (che è riuscita a portare il primo rover cinese sul Pianeta rosso), il posizionamento di un rover sul lato oscuro della Luna (zona prima inesplorata), lo sviluppo di nuovi potenti lanciatori, i piani per costruire una stazione lunare insieme alla Russia e ora il lancio del primo modulo di una stazione spaziale (ne avevamo parlato anche qui). In realtà, La Repubblica popolare ha lanciato in orbita il suo primo astronauta solo nel 2003. Da quel momento, la Cina ha investito ingenti risorse nella ricerca spaziale, forte della consapevolezza delle potenzialità dello spazio e dell’alto valore strategico e geopolitico del quarto ambiente. In poche parole, chi “controlla” lo spazio, controlla le attività terrestri.
Il lancio avvenuto il 29 aprile è solo il primo passo di un progetto che sarà attivo dall’anno prossimo e che potrebbe contare fino a dodici lanci per l’assemblaggio di una stazione di 66 tonnellate posizionata nell’orbita bassa (340-450 km dalla Terra).
Tiangong 3, come si intende dalla numerazione, non è la prima stazione spaziale cinese. Il programma Tiangong è infatti iniziato con il lancio di un primo dispositivo nel 2011 e di un secondo nel 2016. Tiangong 1 si è disattivato nel 2016 ed è rientrato in orbita terrestre nell’aprile 2018, causando non poche preoccupazioni a causa della perdita di controllo da parte di Pechino dell’oggetto in caduta. La sostanziale differenza tra Tiangong 3 e i fratelli maggiori sta nella possibilità di accogliere un equipaggio per lunghi periodi. Se le prime due stazioni spaziali, che erano più laboratori orbitanti che potevamo accogliere una, massimo due persone per pochi giorni, Tiangong 3 è progettata per permettere soggiorni di lunga durata per tre taikonauti (tai kong in cinese significa spazio) e fino a sei in situazioni di avvicendamento della crew.
Per descriverla con le parole di Zhu Guangchen, vice-capo della progettazione della stazione spaziale presso la China Academy of Space Technology (CAST), “If China's Tiangong-1 and Tiangong-2 space labs are like one-bedroom apartments, the space station is equivalent to an apartment with three bedrooms, a living room, a dining room and a storage room”.
3. La stazione spaziale internazionale: un modello di cooperazione internazionale da cui la Cina è esclusa
Varie sono le ragioni per la costruzione da parte cinese di una stazione spaziale indipendente. Partendo da quelle scientifiche, la microgravità nello spazio permette di condurre un grande numero di esperimenti: lo studio delle cellule, dei tessuti e dei microrganismi, la raccolta di dati geo spaziali riguardo agli sviluppi ambientali – e non solo – del nostro pianeta, lo studio degli effetti della mancanza di gravità sul corpo umano in vista di future missioni, esperimenti di fisica e lo sviluppo e il miglioramento di tecnologie da usare in missioni di lungo periodo.
Una seconda considerazione è politica: con questo progetto la Cina vuol gridare ai suoi competitor che il dragone può volare anche nello spazio. Nella delicata corsa allo spazio, che si gioca sul livello militare, tecnologico e scientifico, la stazione spaziale cinese è un risultato di importanza capitale. Possiamo dire che sia un messaggio agli Stati Uniti, principale avversario di Pechino sia sulla Terra che oltre la stratosfera, e principale motivo dell’esclusione della Repubblica popolare dal più grande esempio di cooperazione internazionale al di fuori dell’atmosfera terrestre: la Stazione Spaziale Internazionale (ISS – International Space Station).
La Cina è stata infatti esclusa dal programma ISS nel 2011, quando il Congresso americano approvò una legge che proibiva qualsiasi legame ufficiale con il programma spaziale cinese per motivi di “sicurezza nazionale”. Tale normativa prendeva come giustificazione uno studio, che sarebbe stato pubblicato nel 2012 da parte della U.S.-China Economic and Security Review Commission nel quale si avvertiva che i decisori politici cinesi:
“View space power as one aspect of a broad international competition in comprehensive national strength and science and technology”.
La tesi del documento citato fu rafforzata da un secondo studio dell’Institute on Global Conflict and Cooperation di San Diego che afferma:
“China’s efforts to use its space program to transform itself into a military, economic, and technological power may come at the expense of U.S. leadership and has serious implications for U.S. interests”.
4. La Stazione Spaziale Internazionale: cenni storici
Il posizionamento di stazioni spaziali come esempio delle capacità tecnologiche di un Paese non è qualcosa di nuovo. Negli anni ’70, mentre gli USA erano focalizzati sul programma Apollo, l’Unione sovietica lanciò Salyut 1, la prima stazione spaziale orbitante, poi sostituita nel 1986 con la stazione Mir, la prima stazione modulare della storia che poteva accogliere cosmonauti. Gli Stati Uniti impiegarono molto tempo per rispondere adeguatamente e solo nel 1984 Ronald Reagan chiese ufficialmente la costruzione di una stazione spaziale: la Freedom. [1]
Tuttavia, il programma Freedom naufragò per varie ragioni ma in particolare a causa del cambio di presidenza e dell’impegno dell’amministrazione Bush Sr. nella Guerra del Golfo. Allo stesso tempo, il programma Mir venne chiuso a causa della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Tale situazione portò l’amministrazione statunitense, che aveva già investito miliardi di dollari nel programma Freedom, all’idea di creare un progetto di cooperazione internazionale per lo sviluppo di una stazione spaziale internazionale sulla base di esempi solidi di cooperazione scientifica, come il CERN di Ginevra.
I primi moduli della ISS vennero lanciati nel 1998 e la stazione venne conclusa nel 2010 con un totale di 15 moduli[2]. Ben 18 Stati partecipano a questo progetto (USA, Russia, Giappone, Canada e 10 Stati membri dell’ESA – Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera, UK (dal 2012), Ungheria e Lussemburgo (dal 2019) e Slovenia (come Paese cooperante dell’ESA). Fino ad oggi, la ISS ha accolto astronauti e visitatori da 18 Paesi, compresi Sud Africa, Brasile e Malesia – ma nessun taikonauta né turista cinese è stato ammesso e non sembra che la situazione possa cambiare viste le crescenti tensioni tra Cina e Stati Uniti. [3]
La Stazione spaziale internazionale ha portato risultati eccellenti a livello scientifico ed è un vibrante esempio di cooperazione internazionale. Si pensi solo alle ultime notizie relative ai rapporti “terrestri” tra Russia e USA. Questi sviluppi sembrano intaccare marginalmente l’impegno delle due potenze nei progetti relativi alla ISS.
La Stazione, che recentemente ha compiuto 20 anni, smetterà di funzionare con tutta probabilità nel 2024. Gli scenari che si apriranno dopo la ISS sono ancora incerti. Possiamo però presupporre che il crescente ruolo dei privati si estenderà anche allo sviluppo di piccole stazioni spaziali.
5. Conclusione
L’attivismo spaziale della Cina è sorprendente e destinato a crescere negli anni a venire. La stazione spaziale, come spiegato, è solo un esempio di una lunga lista di programmi che la Repubblica Popolare porterà avanti nei prossimi anni. Ciò detto, bisogna sottolineare che le capacità tecnologiche spaziali degli Stati Uniti, forti di più di 60 anni di ricerca e sperimentazione, rimangono al momento irraggiungibili per i Cinesi come per tutti gli altri attori spaziali.
Ciò che possiamo sperare per il futuro è che la cooperazione scientifica nello spazio rimanga quanto più possibile scevra da considerazioni politiche. La condivisione dei risultati e la collaborazione in questo campo hanno finora permesso di raggiungere ottimi risultati, per esempio nello studio delle cellule tumorali, ed è importante continuare su questa via, includendo il maggior numero di attori possibili.
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Bibliografia/sitografia
[1] Catchpole J. E, The International Space Station: Building for the Future, Springer, 2008, pp. 1-13.
[2] Per una descrizione dettagliata dei vari moduli che compongono la ISS, si visiti: Space Station Assembly | NASA
[3] Per una lista completa dei visitatori della Stazione Spaziale Internazionale, si visiti: Visitors to the Station by Country (nasa.gov).
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