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L'agency dei proxy iraniani nelle città sante irachene

Aggiornamento: 25 gen 2022

Iraq riots boy
Najaf 2019 - cittadino iracheno con a sinistra la bandiera iraniana e a destra una foto del Leader Supremo Ali Khomeini e dell’Ayatollah Ali Khomeini - fonte: Middle East Eye

1. Introduzione


Le milizie filoiraniane facenti parte della Coalizione paramilitare delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF), tra cui Asa’ib Ahl Al-Haqq e Kata’ib Hezbollah, svolgono attività illegali e sono accusate di atti di violenza politica contro il governo di Baghdad [1]. Nel sud dell’Iraq, sede delle città sante sciite di Najaf e Karbala, Teheran ricorre a tali entità per tutelare i suoi interessi nazionali e regionali. Questa analisi mette in luce le responsabilità criminali della Repubblica Islamica in tali aree per quanto riguarda il business illegale dei contratti edilizi in ambito religioso e l’utilizzo di milizie e di bande criminali come forze di polizia locali.


2. La difesa della città sante e la nascita delle PMF


Dopo la conquista di Mosul da parte dello Stato Islamico (ISIS) nel giugno 2014 [2], il portavoce dell’organizzazione Abu Mohammad al-Adnani aveva dichiarato che Daesh avrebbe rovesciato il “regime apostata iracheno’’ e che si sarebbe spinto fino a sud del paese per attaccare Karbala’ al-munaggasa (la profanata) e Najaf al-ashrak (la più politeista) [3]. Le due città hanno una grande importanza per gli sciiti di tutto il mondo: Karbala è il luogo dove si è svolta la storica battaglia del 680 d.C. in cui è morto Hussein, figlio di Ali primo imam sciita, la cui tomba è presente nel santuario a lui dedicato; Najaf è il luogo di sepoltura di Ali nonché sito dell’antico seminario fondato nell’XI sec. [4].


Karbala e Najaf sono state più volte attaccate da gruppi armati di matrice jihadista-salafita nel corso della storia: tra 2003 e 2006 Al-Qaeda in Mesopotamia (AQI) e poi lo Stato Islamico (ISIS) che ha conquistato gran parte dell’Iraq tra 2014 e 2015. Entrambe le organizzazioni hanno giustificato i loro attacchi ai residenti delle città sante in nome della loro ideologia takfirista secondo cui i fedeli sciiti sono infedeli (kuffar).


Di fronte all’avanzata del sedicente Stato Islamico, e data la debolezza delle forze armate irachene, Teheran ha fatto pressione sul governo di Baghdad affinché fossero istituzionalizzate le milizie sotto il suo controllo che già da tempo operavano sul territorio; il che ha portato alla nascita della Coalizione paramilitare delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) di cui fanno parte oltre a Asa’ib Ahl Al-Haqq e Kata’ib Hezbollah, le milizie sacre sotto la leadership del Grande Ayatollah Ali Al-Sistani, le forze di Moqtada Al-Sadr e comunità locali militarizzate di diversa etnia e confessione [5].

Bassora 2019 - Membri delle Forze di mobilitazione popolare marciano con le bandiere del gruppo durante una parata in occasione della Giornata internazionale di al-Quds nella città di Bassora, nel sud dell'Iraq – fonte: Rudawa.com

Il nucleo originario delle PMF comprende sette gruppi paramilitari: l’Organizzazione Badr, Asa'ib Ahl al-Haqq, Kata'ib Hezbollah, Kata'ib Sayyid al-Shuhada, Harakat Hezbollah al-Nujaba, Kata'ib al-Imam Ali e Kata'ib Jund al-Imam. Tali unità sono addestrate e finanziate dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione e agiscono come proxy actors di Teheran in Iraq [6]. Questi gruppi hanno combattuto contro gli Stati Uniti all’indomani dell’invasione americana del 2003 compiendo azioni di guerriglia e attentati [7]. Negli ultimi anni hanno attaccato le postazioni statunitensi e le sedi diplomatiche presenti a Baghdad [8] e sono considerate pertanto da alcuni Stati, tra cui Washington, delle entità terroristiche. Il 3 gennaio 2020, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato l'intenzione di designare Asa'ib Ahl al-Haqq come organizzazione terroristica insieme a due dei suoi leader, Qais al-Khazali e suo fratello Laith al-Khazali. [9] Per quanto riguarda Kata’ib Hezbollah, il fratello iracheno di Hezbollah libanese, questo è stato dichiarato organizzazione terroristica nel 2009 [10].


Nonostante le PMF facciano parte delle forze di sicurezze irachene, e quindi siano sottoposte alle stesse leggi che regolano l’esercito e gli apparati di sicurezza, alcune fazioni dispongono di un sistema di comando parallelo rispetto a quello di Baghdad, sfuggono dal controllo dello Stato, sono coinvolte in reti di contrabbando e usano la violenza contro le comunità locali. Questa situazione è conseguenza-effetto degli stravolgimenti avvenuti in Iraq a seguito dell’invasione americana del 2003: la settarizzazione della politica interna (muhasasa ta’ifiyya), il mancato assorbimento dell’insorgenza armata sciita e il rafforzamento del deep state iraniano nel corso degli anni.


3. L’Asse di Resistenza in Iraq: il potere dei proxy actors iraniani


I gruppi armati filoiraniani facenti parte delle PMF, conosciuti come fasa’il al-muqawama (fazioni di resistenza), tra cui Asa’ib Ahl Al-Haqq e Kata’ib Hezbollah, sono parte della dell’Asse di Resistenza ossia la strategia militare utilizzata da Teheran in Medio Oriente per tutelare i suoi interessi nazionali e regionali. Quest’ultima si basa sull’utilizzo di strumenti di guerra non convenzionali – missili balistici e droni – e l’impiego di gruppi paramilitari locali. Il capo politico e ideologico dell’Asse di Resistenza è il Leader Supremo Ali Khamenei mentre quello militare è il comandante delle Forze Quds (Niru-ye Qods in farsi, Failaq al-Quds in arabo), uno dei rami del Corpo delle Guardie della Rivoluzione il cui compito è identificare gli alleati e offrire loro sostegno in materia di consulenza, formazione, leadership e finanziamenti.

da sinistra a destra il leader di Hezbollah libanese, l’ex presidente iraniano Rouhani, il presidente siriano Bashar Al-Asad e il presidente russo Puntin, la scritta in arabo rosso riporta “uomini che non si inginocchiano se non per Dio’’ – fonte: irdiplomacy.ir

Dal 2004 in poi, la leadership iraniana ha sempre più fatto riferimento al concetto di Asse di Resistenza in risposta all’appellativo axis of evil, utilizzato dal presidente Bush per descrivere i c.d. Stati canaglia e ha rafforzato i suoi legami con attori, statali e no, di matrice sciita presenti nel Levante arabo. In seguito, in concomitanza con gli stravolgimenti che hanno fatto seguito allo scoppio della c.d. ‘Primavera araba’ e l’ascesa dello Stato Islamico, Teheran ha ripiegato sulla strategia militare dell’Asse di Resistenza per legittimare il suo intervento in Stati terzi - dalla Siria allo Yemen – e difendere i suoi interessi regionali sostenendo il governo iracheno di Nouri Al-Maliki in Iraq e quello siriano di Bashar Al-Asad in Siria. Allo stesso tempo i proxy iraniani, tra cui Kata’ib Hezbollah e Asa’ib Ahl Al-Haqq, si sono resi responsabili di diversi attacchi a obiettivi militari, diplomatici e commerciali statunitensi e sauditi. I due gruppi citati costituiscono la terza più grande forza militare a disposizione di Teheran nel Levante arabo dopo le Guardie della Rivoluzione, le Forze Quds e Hezbollah libanese.


Negli ultimi anni abbiamo assistito in Iraq a una progressiva espansione del potere dei proxy iraniani al di là dell’ambito securitario. Le fasa’il al-muqawama dispongono infatti di un sistema di comando parallelo allo Stato: hanno canali di accesso alle risorse statali, godono di rappresentazione politica, controllano checkpoint, compiono attività di contrabbando. Tali entità cooperano con le autorità statali pur preservandola loro autonomia, il che permette loro di agire in modo indipendente o in contrasto con il governo centrale. “Il loro rapporto con lo stato è segnato dalla contrattazione e accomodamento, più che da antagonismo’’ sottolinea a tal proposito Fanar Haddad [11]. D’altra parte, dalla nomina dell’attuale Premier Mustapha Al-Kadhimi, i rapporti tra le unità dell’Asse di Resistenza e Baghdad sono maggiormente tesi. Questo perché Al-Kadhimi ha disposto nell’ultimo anno una serie di misure atte a contrastare lo strapotere delle milizie sciite, tra cui l’arresto di individui legati alle forze politico-militari iraniane coinvolti in attività di contrabbando e colpevoli di crimini ai danni delle comunità locali [12]. A novembre di quest’anno Asa’ib Ahl Al-Haqq e Kata’ib Hezbollah sono stati accusate di essere responsabili del fallimentare attentato avvenuto ai danni del Premier iracheno, [13] sebbene abbiano negato il loro coinvolgimento [14].


4. Il ‘business’ dei santuari


Il turismo religioso costituisce un pilastro dell'economia irachena. Ogni anno milioni di sciiti provenienti da tutto il mondo si recano nelle città sante di Najaf e Karbala per visitare santuari e moschee e partecipare alla festa religiosa di Arba’in, la commemorazione della morte dell'Imam al-Hussain. A questo tipo di attività si aggiungono i lavori di restauro, riparazione ed espansione dei santuari che rappresentano una fonte di guadagno redditizia soprattutto per Teheran e i suoi clienti. Attualmente sono in cantiere almeno 17 progetti che la Repubblica Islamica sta supervisionando a Najaf, Karbala, Baghdad e a Samarra [15]. Negli ultimi anni Teheran ha sfruttato a proprio vantaggio i contratti edilizi in ambito religioso per rafforzare la sua presenza a sud dell’Iraq. I progetti di costruzione prevedono esenzioni fiscali sulle importazioni di cemento, acciaio e altri materiali provenienti dalla Repubblica Islamica, i quali vengono introdotti nel paese per essere poi venduti a individui terzi che hanno legami discutibili con gruppi armati e bande criminali locali [16].


Nel marzo 2020 gli Stati Uniti hanno sanzionato una vasta rete di figure legate alla Forza Quds, e alcune compagnie iraniane per accusa di coinvolgimento in attività illegali legate alla costruzione dei santuari [17]. Secondo il Tesoro degli Stati Uniti, la leadership dell'Organizzazione per la ricostruzione dei Santuari Santi in Iraq (ROHSI) ha trasferito milioni di dollari a Bahjat al Kawthar Company for Construction and Trading Ltd, nota anche come Kosar Company, un'entità commerciale con sede in Iraq che viene utilizzata come base per le attività di intelligence iraniane, inclusa la spedizione di armi e munizioni alle milizie parte all’Asse di Resistenza, tra cui Kata’ib Hezbollah e Asa’ib Ahl Al-Haqq. [18]

Karbala 2019 – il cantiere del progetto Sahn al-Aqila, un’espansione nell'area adiacente al santuario dell'Imam Hussein che sarà utilizzata per accogliere i pellegrini sciiti a Kerbala – fonte: Reuters

5. La violenza delle milizie


Nel sud dell’Iraq Teheran fa leva non solo su strumenti di soft power, attraverso la stipula di contratti edilizi che riguardano la costruzione o l’ampliamento dei santuari, ma anche di hard power in quanto fa ricorso alla vasta gamma di proxy a sua disposizione al fine di preservare lo status quo politico. In queste aree fa affidamento alle filoiraniane facenti parte delle PMF – tra cui Harakat al-Nujaba, Saraya al-Khorasani, Asa’ib Ahl Al-Haq, Saraya Ashura e Katai’b Hezbollah – le quali possiedono depositi di armi e munizioni nelle aree residenziali e dove agiscono come forze di polizia locale sotto gli ordini di Teheran.

Negli ultimi due anni, con l’intensificarsi dei movimenti di proteste in Iraq, le milizie citate hanno compiuto azioni di violenza ai danni dei residenti delle città di Karbala, Nasiriya e Bassora. Di fatto Teheran utilizza dall’ottobre 2019 tribù, corpi paralleli e squadroni della morte per reprimere il dissenso popolare causando migliaia di vittime e feriti in queste aree come nel resto del paese [19]. Se i movimenti di protesta che si sono susseguiti dal 2011 fino al 2015 erano principalmente mossi da sentimenti antisciiti, a seguito della sconfitta dello Stato Islamico, e con la conseguente diminuzione della violenza settaria nel biennio 2018-2019, è emerso un elemento di novità: sono le comunità del sud, a maggioranza sciita, a esprimere un forte malcontento nei confronti delle interferenze di Teheran e delle classi politiche al potere. Il che non significa che negli anni precedenti tali aree fossero estranee a movimenti di contestazione, ma semplicemente che dal 2019 in poi i sentimenti anti-iraniani sono diventati un elemento preponderante nelle forme di mobilitazione che hanno interessato queste aree, come hanno dimostrato gli attacchi alla ambasciata iraniana di Nasiriya e al consolato di Karbala di novembre 2019 [20]. Ciò è sintomatico di un malcontento generalizzato della popolazione irachena nei confronti di Teheran e dei suoi clienti.


“[Le milizie filoiraniane] sono diventate una presenza intollerabile per tutta la popolazione irachena da cui sono considerate un flagello a causa delle loro azioni che servono solo gli interessi di Teheran […]’’, ha dichiarato il leader tribale Sheikh Thaer al-Bayati. “Le loro attività stanno danneggiando l'economia del popolo iracheno e minacciando seriamente la sicurezza e la sovranità del paese” ha riferito il leader del partito Al-Muwatiniyoun, Ghaith al-Tamimi “Questi gruppi vogliono seminare caos e disordini ovunque in Iraq […]. Il posizionamento dei loro arsenali in aree popolate, tra cui Karbala, è molto pericoloso e potrebbe avere gravi ripercussioni sulla sicurezza delle comunità locali” [21].

Najaf 28 novembre 2019 - Manifestanti iracheni attaccano il consolato iraniano – fonte: Haidar Hamdani/AFP

6. Conclusione


Teheran fa leva sugli indissolubili legami religiosi con l’Iraq e sulla strategia militare dell’Asse di Resistenza per rafforzare la sua presenza nelle città sante irachene, come testimonia il business illegale legato ai santuari e l’impiego di gruppi paramilitari come forze di polizia locali. Ciò contribuisce ulteriormente a destabilizzare il paese come dimostrano le recenti azioni di Kata’ib Hezbollah e Asa’ib Ahl Al-Haqq, tra i principali proxy actors presenti in queste aree.


Se fino ad oggi il Premier iracheno Mustafa Al-Kadhimi ha cercato di contrastare lo strapotere dei gruppi paramilitari filoiraniani, il che gli è costato anche un tentativo di attentato, non è certo che il suo operato sarà continuato dal nuovo esecutivo. D’altra parte, nei prossimi mesi Teheran continuerà a fare ricorso a tali entità come strumento per arginare le sanzioni internazionali, tutelare i suoi interessi nel Levante arabo e fare pressione sul dossier del nucleare. Questo insieme di fattori potrebbe portare all’esplosione dei fattori di conflittualità che si sono cumulati sul suolo iracheno negli ultimi tre anni e che vedono coinvolti Washington e Teheran.


(scarica l'analisi)

Riferimenti e sitografia


[1] Counter Extremism Project, Asaib Ahl Al-Haq, 2021, https://www.counterextremism.com/threat/asaib-ahl-al-haq

[2] ‘’Isis insurgents seize control of Iraqi city of Mosul’’, The Guardian, 10 June 2014, https://www.theguardian.com/world/2014/jun/10/iraq-sunni-insurgents-islamic-militants-seize-control-mosul

[3] Abu Mohammad al-Adnani, “Amir Fi al-Dawla al-Islamiyya Yuhadid al-Maliki,” 12 June 2014,

[4] vd. Reidar Visser, ‘’Historical Myths of a Divided Iraq’’, Global Politics and Strategy, 2008, vol. 50, n.2

[5] vd. Popular Mobilisation Unitis and Tribal Mobilisation Militias, EASO, 2021, https://easo.europa.eu/country-guidance-iraq-2021/12-popular-mobilisation-units-and-tribal-mobilisation-militias

[6] vd. Alex Vatanka, ''Iran's use of Shi'i Militant Proxies'', Middle East Institute, 2018

[7] vd. Amla Hashim, Insurgency and Counterinsurgency in Iraq, New York, Cornell University Press, 2006

[8] Nicki Anastasio, ''Il dilemma della sicurezza in Iraq: nuove e vecchie minacce, Amistades, 2020, https://www.amistades.info/post/il-dilemma-della-sicurezza-in-iraq-nuove-e-vecchie-minacce

[9] ''U.S. to designate Iran-backed Iraqi militia as foreign terrorist organization'', Reuters, 2 January 2020, https://www.reuters.com/article/us-iraq-security-usa-designation/us-to-designate-iran-backed-iraqi-militia-as-foreign-terrorist-organization-idUSKBN1Z220Y

[10] ‘’U.S. declares Iraq-based group foreign terrorist organization’’, Reuters, 3 July 2009, https://www.reuters.com/article/us-usa-treasury-iraq-idUSTRE56165320090703

[11] cit. Fanar Haddad, Iraq's Popular Mobilization Units: A Hybrid Actor in a Hybrid State, in ‘’Hybrid Conflict, Hybrid Peace: How Militias and Paramilitary Groups Shape Postconflict Transitions’’, Adam Day (ed.) New York: United Nations University, 2020, p.40

[12] Nicki Anastasio, ''Il dilemma della sicurezza in Iraq: nuove e vecchie minacce, Amistades, 2020, https://www.amistades.info/post/il-dilemma-della-sicurezza-in-iraq-nuove-e-vecchie-minacce

[13] ‘’Iraqi PM safe after drone attack on residence military says’’, Reuters, 7 November 2021, https://www.reuters.com/world/middle-east/drone-attack-targets-iraq-pm-who-escapes-unhurt-iraq-military-2021-11-07/

[14] ‘’Kata’ib Hezbollah dismisses suggestions that Iraqi groups behind attack on PM'', Al-Jazeera, 7 November 2021, https://www.reuters.com/world/middle-east/kataib-hezbollahdismisses-suggestions-that-iraqi-groups-behind-attack-pm-2021-11-07/

[15] John Davison, Special Report - Iran expands shrines and influence in Iraq, Reuters, 2 December 2020, https://www.reuters.com/investigates/special-report/iraq-iran-shrines/

[16] ''Iraq's Shia shrines have become centres for Iranian profit-making, spying'', al-Mashareq, 27 September 2021, https://almashareq.com/en_GB/articles/cnmi_am/features/2021/09/27/feature-01

[17] ''U.S. to designate Iran-backed Iraqi militia as foreign terrorist organization'', Reuters, 3 January 2020, https://www.usnews.com/news/world/articles/2021-11-07/kataib-hezbollah-dismisses-suggestions-that-iraqi-groups-behind-attack-on-pm

[18] ''Treasury Sanctions Quds Force Fronts in Iraq'', Foundation for Defense of Democracies, 30 March 2020, https://www.fdd.org/analysis/2020/03/30/treasury%C2%A0sanctions-quds%C2%A0force-fronts-in-iraq%C2%A0/

''OFAC Sanctions 20 Iran- and Iraq-Based Front Companies Supporting Islamic Revolutionary Guards Corps-Qods Force'', Thompson Hine, 27 March 2020. https://www.thompsonhinesmartrade.com/2020/03/ofac-sanctions-20-iran-and-iraq-based-front-companies-supporting-islamic-revolutionary-guards-corps-qods-force/

[19] ‘’Iraq's Shia shrines have become centres for Iranian profit-making, spying'', Al-Mashareq, 27 September 2021

[20] 'Bloodbath: Dozens of protesters killed as army deploys south'', Al-Jazeera, 29 November 2019, https://www.aljazeera.com/news/2019/11/29/bloodbath-dozens-ofprotesters-killed-as-army-deploys-south ; ''Protesters in Iraq’s Nasiriyah fear Iran-backed armed groups'', Al-Monitor, 25 October 2019, https://www.almonitor.com/originals/2019/11/nassiriya-iraq-iran-protests-abdulmahdi.html#ixzz7Ccl2FUuV

[21] ''Iraq unrest: Protesters attack Iranian consulate in Karbala'', BBC News, 4 November 2019, https://www.bbc.com/news/world-middle-east-50584123

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